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Economia

La prima Doc biologica del vino d'Europa poteva essere aretina. E invece no

La richiesta era partita dal Valdarno di Sopra, ma è stata bocciata dal Ministero, adducendo ostacoli comunitari. Poi l'Europa ha detto sì a uno spumante spagnolo. Il presidente del Consorzio: "Purtroppo ci sono state pressioni, ma adesso siamo fiduciosi"

Poteva essere aretina la prima denominazione di origine del vino europea integralmente biologica, invece il Consorzio del Valdarno di Sopra, che da anni ha avviato l'iter per l'introduzione bio nel disciplinare, si è visto scavalcare dagli spagnoli del Cava, una Do (Denominación de Origen, parificabile alle nostre Doc e Docg) di spumanti metodo classico. Adesso infatti per produrre "Cavas de Guarda Superior", con le tipologie più alte ("Reserva", "Gran Reserva" e "Paraje Calificado") rispetto al Cava base, occorre che il vigneto di partenza delle uve sia certificato biologico.

Ma perché l'Italia, in questa fattispecie Arezzo, arriverà (se arriverà) seconda? Alcuni spunti li dà il presidente del Consorzio Valdarno di Sopra Luca Sanjust. "Purtroppo ci sono varie ragioni, scontiamo pressioni ideologiche, commerciali. Una volta che un disciplinare del vino diventa biologico, altri potrebbero seguire la scia. Si potrebbe innescare un effetto valanga per realtà ben più grandi della Doc Valdarno di Sopra. E magari chi fa grandi numeri in questo settore potrebbe mostrare resistenze. Ci sono poi gli ostacoli posti dai burocrati: in Italia si tende a non cambiare, giustificando l'immobilità col fatto che 'le cose si sono fatte sempre così'. E quindi sembra impensabile che in un disciplinare del vino possa essere inserita la certificazione biologica: ci sarebbe lavoro in più o comunque diverso per i certificatori. E cambiare spaventa sempre la burocrazia", dice.

Luca Sanjust

Il Consorzio Valdarno di Sopra è nato recentemente per valorizzare una zona vitivinicola che abbraccia il Valdarno aretino e parte di quello fiorentino ma che ha oltre 300 anni alle spalle. Lavora all'idea del bio dal 2017: una scelta attuale in termini di mercato, perché il tema del biologico intercetta una nuova sensibilità dei consumatori, ma che è anche un'occasione per la tutela dell'ambiente e della salute di chi beve. Addirittura nel 2019 pareva che si fosse imboccata la strada giusta, con il via libera della Regione Toscana e l'attesa per il nulla osta del Ministero dell'Agricoltura. Che però, nel frattempo, non è arrivato. Anzi, nel 2020, in piena emergenza Covid, è giunta la bocciatura ministeriale. 

Della querelle si è occupato approfonditamente Intravino, che attraverso un articolo di Tommaso Ciuffoletti ha ricostruito i passaggi che hanno portato la Do Cava a ottenere da parte dell'Europa la modifica del disciplinare con l'obbligo di certificazione bio per alcune tipologie di prodotto e quelli che hanno invece portato il Valdarno di Sopra a restare nelle secche nazionali, impantanato tra i dinieghi della burocrazia nostrale, addirittura prima di qualsiasi approdo europeo. Ma perché il Ministero ha detto no?

Il non accoglimento è datato 1° aprile 2020 e si legge: “in quanto, in conformità alla definizione di denominazione d’origine […] gli elementi che deve contenere il disciplinare devono essere quelli che incidono sulla qualità specifica del prodotto e non gli aspetti di carattere orizzontale (tra cui il metodo di produzione biologico) che sono disciplinati da specifiche norme”. Secondo il Ministero dell'Agricoltura, l'Europa avrebbe bocciato comunque la richiesta. E non solo: “un tale obbligo comprometterebbe la qualificazione della produzione con la Denominazione di Origine qualora le relative partite non riportassero l’idoneità di certificazione con metodo biologico con evidente danno per gli operatori interessati". Quindi ci sarebbe un danno potenziale per i produttori che fanno parte della Doc, qualora non avessero presentato prodotti bio.

Ma chi, i circa 20 produttori soci del Valdarno di Sopra? Sorpresa: tutte le aziende del Consorzio sono già certificate biologiche. "E se qualcuno ricade nell'areale di produzione - aggiunge Sanjust - e volesse produrre vino non biologico, non ci sarebbero problemi per una classificazione di maggiore qualità rispetto al vino da tavola comune. Perché l'area fa parte della zona del Chianti Docg, sottozona Colli Aretini, ma anche della Doc Colli dell'Etruria Centrale. E comunque il vino qui prodotto potrebbe essere etichettato come Toscana Igt".

Insomma, il Ministero sembrerebbe non avere più scuse. "E infatti a questo punto siamo fiduciosi - aggiunge Sanjust -. L'Europa non è di ostacolo, come dimostra la vicenda del Cava. E nessun produttore sarebbe danneggiato dall'inserimento della certificazione biologica nel disciplinare. Il 16 maggio al Borro organizziamo anche il Valdarno di Sopra Day e presenteremo intanto un marchio, che potrà comparire nell'etichetta dei nostri vini, che certifica come tutti i vini della Doc siano biologici. Non avrà un valore legale, ma intanto cerchiamo di identificarci. Certo, resta un grande rammarico: potevamo essere la prima Doc bio del vino in Europa. Speriamo quantomeno di diventare la prima italiana. Noi non molliamo".

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