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Valdarno di Sopra, 300 anni del primo territorio del vino. Luca Sanjust guida la riscossa

Vino e Toscana, un binomio che nell'immaginario dei più si smarca a fatica dai territori di Montalcino, Chianti Classico e Bolgheri. Ma quando nella terra del Brunello si produceva soprattutto vino dolce (moscadello) e le campagne di Bolgheri...

Vino e Toscana, un binomio che nell'immaginario dei più si smarca a fatica dai territori di Montalcino, Chianti Classico e Bolgheri. Ma quando nella terra del Brunello si produceva soprattutto vino dolce (moscadello) e le campagne di Bolgheri erano ancora paludose, quelle di Arezzo già erano indicate dal granduca di Toscana come le migliori per la produzione di vino, al pari di altre tre aree meritevoli di un bando che ne tutelasse la produzione contro la contraffazione. Era il 24 settembre 1716: da allora sono passati trecento anni.

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Quella porzione di territorio così pregiata era il Valdarno Superiore, indicata da Cosimo III de' Medici come area particolarmente vocata alla viticoltura assieme a Carmignano, Pomino e Chianti. Tutte zone dalla grande tradizione e che corrispondono ad altrettante attuali denominazioni di origine: le docg Chianti Classico (tra Siena e Firenze) e Carmignano (Prato), le doc Pomino (vicino Rufina, nel Fiorentino) e Valdarno di Sopra (Arezzo). Quest'ultima area è stata ingiustamente a lungo trascurata, ma negli ultimi decenni, grazie all'iniziativa di alcuni produttori è rifiorita; nel 2011 è nata la doc Valdarno di Sopra, giovane ma dalle radici solidissime. Il presidente del Consorzio di tutela è un romano trapiantato ad Arezzo, Luca Sanjust di Teulada. Ereditata un'antica tenuta nel comune di Bucine, Luca Sanjust – storico dell'arte di mestiere – si è convertito in vignaiolo di qualità, edificando nell'Aretino un progetto enologico d'eccellenza, quello di Petrolo.

Foto di Jacopo Stanganini

Tra le sue creature, spicca il vino cult Galatrona. Un merlot in purezza elegante e sontuoso che nel 2016 compie vent'anni di vendemmie dalla resa bassissima. Il nome deriva dall'omonima torre che domina dall'alto la vigna di produzione (primo impianto nel 1990), dieci ettari di argilla e galestro che regalano a chi stappa una bottiglia di Galatrona un complesso e intrigante racconto del territorio.

E il 2016, secondo, Sanjust, sarà un'altra annata da ricordare. “Abbiamo avuto due vendemmie di fila grandiose, la 2015 e la 2016 – spiega al termine della raccolta -. Un'accoppiata del genere non capita molto spesso e siamo molto contenti. Saranno due ottimi millesimi per noi e per tutte le cantine di questa zona della Toscana”.

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Oltre al Galatrona, la scuderia di Petrolo conta altri sei grandi vini, quasi tutti ricadenti sotto la doc Valdarno di Sopra: Boggina, eccellenza del sangiovese disponibile anche nella versione maturata in anfora, Inarno, altro sangiovese 100%, Campolusso, 100% cabernet sauvignon, Sanpetrolo, passito geograficamente fuori dalla doc del vinsanto del Chianti, e Torrione, un blend a base sangiovese, il più antico dell'azienda. Ed è in arrivo il Boggina bianco, a base trebbiano.

Queste territorio è da grandi vini – aggiunge Sanjust, che è anche vice presidente del nuovo Consorzio dei consorzi del vino toscano che ha preso il nome di Avito -, qui c'è grande cultura enologica da secoli, da prima del bando di Cosimo III.

E la produzione di vino di qualità, conclude Sanjust, può essere anche una carta vincente in ottica turistica. “Noi produttori dobbiamo buttare il cuore oltre l'ostacolo e tutte le istituzioni dovrebbero aiutarci. Il recupero del territorio che passa attraverso il produzione di grandi vini è una carta vincente per attirare visitatori”. Il Chianti classico ne è un esempio. “Ci sono turisti da tutto il mondo che potrebbero venire qui in vacanza, assaggiando i nostri vini si ricorderanno anche delle bellezze del territorio”. E c'è da tenere in conto dell'opinione di chi, nel 2011, ospitò nella tenuta di Petrolo l'allora premier d'Oltremanica David Cameron.

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@MattiaCialini

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