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Cronaca Centro Storico / Piazza Falcone e Borsellino

"La lettera di Banca d'Italia sulla fusione Etruria-Vicenza e la reazione inconsueta di Fornasari"

Va avanti il processo sulle consulenze d'oro di Banca Etruria. Oggi in aula l'ex capo della vigilanza di Banca d'Italia Carmelo Barbagallo

"Il concetto di aggregazione espresso da Banca d'Italia era incompatibile con quello di mantenimento dell'autonomia che invece voleva il cda di Banca Etruria". Carmelo Barbagallo ha chiuso così la sua deposizione in tribunale quest'oggi, durante una delle udienze cardine del processo per le consulenze d'oro nell'istituto di credito aretino. Chiamato dalla parte civile, incalzato dalle domande dell'avvocato Lorenza Calvanese, di fronte al giudice Ada Grignani ed al pm Luigi Niccacci, l'ex capo della vigilanza di Banca d'Italia ha ricostruito le fasi che precedettero la debacle, durante le quali Banca Etruria incaricò alcuni consulenti di svolgere analisi approfondite per valutare la possibile fusione con un altro istituto di credito, ovvero la Banca popolare di Vicenza. 

Secondo quanto riportato da Barbagallo però tutte le attività per valutare questa fusione sarebbero state una sorta di paravento, perché in realtà "non ci sarebbe stata la volontà del cda di Banca Etruria di arrivare a una soluzione".

L'indicazione di aggregare l'istituto aretino con un'altra banca sarebbe stata scritta nero su bianco sulla "lettera d'intervento" scritta da Banca d'Italia dopo la valutazione della relazione stilata in seguito all'ispezione dell'istituto. Banca Etruria era uscita dalle verifiche con un giudizio particolarmente negativo e come sempre, in casi come questi, Banca d'Italia aveva tracciato le linee di intervento in una lettera. 

"Come da prassi - ha affermato in aula Barbagallo - di fronte al cda ho letto la lettera e ci fu una reazione inaspettata: quella di Fornasari. Disse che non pensava che io dovessi leggere davanti a tutti: avrebbe voluto che consegnassi a lui la lettera e poi sarebbe stato suo compito riferire ai consiglieri". 

Babragallo adesso non è più ai vertici di Banca d'Italia: dal novembre del 2019 è presidente dell'Autorità di informazione finanziaria (Aif) del Vaticano. Ha testimoniato anche nel maxi processo per la bancarotta di Banca Etruria e oggi è tornato in aula per questo filone nel quale sono imputate 14 persone. Tra loro anche Pierluigi Boschi. 

Oggi sono stati ascoltati anche altri testimoni della parte civile. Dalla prossima udienza inizieranno a parlare gli imputati. Il primo in calendario sarà Luciano Nataloni, ex consigliere dell'istituto di credito aretino. 

Le tesi dell'accusa

Il processo sulle consulenze ruota attorno ad una serie di consulenze che furono affidate ad importanti società con costi davvero enormi per un istituto di credito che versava già in drammatiche condizioni. 

Secondo la procura (le tesi dell'accusa sono sostenute dalla pm Angela Masiello, oggi sostituita in aula da Niccacci) sarebbero stati spesi circa 4 milioni e mezzo di euro in consulenze definite "inutili" e "ripetitive" per valutare un'ipotesi di fusione con un altro istituto di credito. I compensi sarebbero stati così suddivisi: 1,9 milioni per la consulenza della società Bain & Co, 532mila euro per un incarico di due mesi a Mediobanca - che aveva il ruolo di advisor del processo di aggregazione - poi ci sono gli studi professionali, quello legale che seguiva Gianni Agnelli a Torino, Franzo Grande Stevens, che ricevette 824 mila euro, quello dello studio romano De Gravio e Zoppini per 800 mila, e altre 200mila euro per lo studio Camuzzi, Portale e De Marco. 

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