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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Morì nel frantoio per inerti: le protezioni lo avrebbero salvato? Incidente probatorio per stabilirlo

Il gip Claudio Lara, su richiesta del pm, ha disposto l'accertamento. Già nominato il perito al quale sarà conferito l'incarico

Un incidente probatorio per capire se adeguate misure di sicurezza avrebbero potuto scongiurare la morte di Francesco Brenda, l'operaio che perse la vita in un frantoio per inerti nel gennaio del 2022 in un'azienda di calcestruzzi di Bibbiena. A disporlo è stato il gip del tribunale di Arezzo Claudio Lara su richiesta del pm Marco Dioni. Il perito nominato è l'ingegner Fabio Canè, il quale riceverà l'incarico in una udienza calendarizzata nei prossimi giorni. In particolare, l'incidente probatorio dovrà accertare se la tragedia si sarebbe potuta evitare se l’altezza del parapetto fosse stata nei termini di legge e se l'uomo avesse utilizzato il casco di protezione. Ed erano proprio questi i due dubbi maggiori avanzati dai familiari dell'uomo che, assistiti dal legale Fabio Appiano, avavano avanzato di fronte al giudice chiedendo che il caso non venisse archiviato. 

Il giudice Lara aveva accolto tali osservazioni rigettando la richiesta di archiviazione della procura e disponendo che venissero eseguite altre indagini per far luce sulla dinamica esatta dell'evento. Adesso, con l'incidente probatorio sara fatto un passo in avanti per comprendere meglio cosa accadde in quei drammatici momenti del 25 gennaio dello scorso anno. 

L'ipotesi sostenuta dalla pubblica accusa è che il 51enne quella mattina abbia avuto un malore (probabilmente molto lieve, visto che l'autopsia non avrebbe rilevato nulla di particolare) e sia caduto dentro alla tramoggia proprio mentre il macchinario era in funzione. Brenda infatti sarebbe stato colpito anche alla testa da uno dei "bracci" meccanici che trituravano gli inerti, riportando un trauma che sarebbe stato fatale.

Sulla vicenda la procura aprì un fascicolo: l'ipotesi di reato era quella di omicidio colposo e sul registro degli indagati fu scritto il nome del proprietario dell'azienda. Lo scorso marzo però arrivò la richiesta di archiviazione, alla quale i familiari si opposero. Poche settimane fa la decisione del giudice che ha accolto la richiesta della moglie e dei figli del 51enne, concendendo 6 mesi di tempo per nuove indagini

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