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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Badia Tedalda

Guerrina, un mistero lungo 7 anni. La famiglia cita in giudizio la Diocesi. Gratien spera nella revisione del processo

Nuove indagini difensive: 15 giorni fa un sopralluogo a Ca' Raffaello per nuovi accertamenti che mirano a localizzare la posizione esatta del cellulare di Guerrina al momento i cui furono inviati messaggi successivi alla sua scomparsa

Era il 1 maggio del 2014. Un giorno di festa. A Ca' Raffello la primavera era in procinto di esplodere con i suoi colori e i suoi profumi. Guerrina Piscaglia quel giorno aveva pranzato con la sua famiglia - il marito Mirco, il figlio Lorenzo e i suoceri - poi era andata a fare una camminata, lungo la Marecchiese. Erano le 13,46 quando è uscita di casa. Da quella passeggiata, però, non tornò mai più. Fu uccisa, sostiene la suprema Corte nelle motivazioni della sua sentenza, da padre Gratien Alabi, sacerdote congolese della piccola parrocchia, del quale la 50enne si era infatuata. Le ricerche partirono in ritardo: ci furono depistaggi, messaggi inviati dal cellulare della donna che volevano far credere ad un allontamento volontario. Poi scattarono le indagini: era già estate. Ad incastrare Gratien furono i tabulati telefonici: migliaia di contatti in una manciata di mesi (almeno 4mila secondo l'accusa). Messaggi e chiamate, interrotti bruscamenti il 1 maggio, lasciando però una traccia che portava direttamente al sacerdote: "Vengo in canonica e ti cucino il coniglio", aveva scritto Guerrina. 

Da quel drammatico giorno della scomparsa sono passati sette anni. Gratien sta scontando la sua pena, pari a un quarto di secolo, nel carcere di Rebibbia. La famiglia di Guerrina, assistita dai legali Nicola Detti e Francesca Faggiotto, ha citato in giudizio la Diocesi di Arezzo, chiedendo un milione di euro per danni. Nel frattempo però, del corpo di Guerrina non si sono trovate tracce. Indagini, accertamenti, ritrovamenti che lasciavano sperare si sono susseguiti nel tempo: ma nulla. Oggi non c'è una tomba, non c'è un luogo dove chi l'ha amata possa portare un fiore. 

Gratien e le sue speranze di revisione del processo

Padre Gratien, per il quale il Vaticano ha dato il via al procedimento di riduzione allo stato laicale e già espulso dall'ordine dei Premostratensi, non ha confessato e continua a dichiararsi innocente. I suoi legali, Rizziero Angeletti e Francesco Zaccheo, proprio negli ultimi mesi stanno svolgendo alcune indagini con l'obiettivo di chiedere - qualore emergessero elementi importanti - la ricusazione del processo. Lo scorso 16 aprile, insieme al consulente Maurizio Cusimano, Angeletti si è recato nella zona di Badia Tedalda. 

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"Grazie a nuove tecnologie messe a punto negli ultimissimi anni - afferma l'avvocato - oggi è possibile stabilire oltre alla cella con la quale si erano collegati i cellulari di Guerrina e Gratien, anche il luogo preciso con l'approssimazione di qualche metro. Vogliamo quindi capire dove si trovava precisamente il telefonino di Guerrina quando stati inviati i messaggi (quelli successivi alla scomparsa ndr) e dove si trovava, con la stessa precisione, il cellulare di Gratien". L'obiettivo sarebbe quello di dimostrare che il sacerdote si trovava in luoghi diversi quando sono partiti quei messaggi e quindi in qualche modo alleggerire la sua posizione se non addirittura scagionarlo. 

Nelle prossime settimane si svolgerà la seconda parte del sopralluogo, al termine del quale il professor Cusimano stilerà una relazione. 

"Chiederemo la revisione del processo solo se ci saranno elementi concreti - conclude Angeletti, che in questi mesi sta cercando di raccogliere anche le testimonianze di due sacerdoti che condividevano con Gratien la canonica - altrimenti non ci muoveremo. Non sarà mossa mediatica". 

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