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L'Arezzo è in crisi, i tifosi dicono basta: "Allo stadio non ci andiamo più"

Clamorosa protesta dei gruppi della curva: "Mai con questa società". Il gruppo Mag e un rapporto mai decollato con la piazza, in una città dove fare calcio sembra una chimera

La squadra costruita in estate e smantellata al mercato di riparazione. Due allenatori a fare staffetta in panchina (l'anno scorso erano stati tre). Il direttore sportivo, confermato sfidando le ire della piazza, avvicendato a novembre. La classifica che piange. Tutto questo dopo una retrocessione dalla serie C che ancora sanguina, sia per l'ultimo posto finale che per i soldi spesi senza costrutto.

La piazza è sfibrata dalle polemiche e dalla delusione, al punto che i tifosi hanno contestato i calciatori, abbandonato il settore ospiti a mezz'ora dalla fine in una delle recenti trasferte amare, firmato striscioni al vetriolo. L'obiettivo era stimolare una reazione, un'inversione di tendenza in campo ma soprattutto fuori, dove le scelte tecniche sono sempre apparse incoerenti, illogiche, azzardate.

Invece niente. L'inizio del 2022, con tre partite in cui l'Arezzo ha raccolto solo 2 punti, causando l'esonero di Sussi e il ritorno in panchina di Mariotti, unitamente all'addio di tre giocatori che avrebbero dovuto fare la differenza come Foggia, Lomasto e Strambelli, ha segnato il punto di non ritorno. E oggi il tifo organizzato ha detto basta. Un volantino diffuso in giornata e sottoscritto da tutti i gruppi della curva sud certifica che siamo allo spartiacque della stagione e forse del futuro. 

"In più di un anno e mezzo dall'insediamento di questa proprietà - si legge - abbiamo visto la storia calcistica aretina calpestata e disonorata. Domenica sarà l'ultima volta che entreremo nel nostro stadio fino al termine della stagione. La curva sud sarà presente solo in trasferta. Una decisione sofferta ma necessaria per lanciare forte il nostro grido: mai con questa società!".

La protesta sale di tono, quindi, a livelli che non si toccavano da anni. Il presidente Guglielmo Manzo, per adesso, non parla. L'ultima volta che l'ha fatto, a novembre, è scoppiato il finimondo. "Questa è casa mia - urlò dopo l'irruzione in sala stampa di due tifosi, irritati per alcune frasi ascoltate poco prima. Non tollero certi comportamenti, altrimenti chiudo lo stadio".

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Il filo esile che legava ancora società e pubblico, dopo il capitombolo in serie D, si è spezzato quel giorno. Allo stadio, adesso, i tifosi non ci andranno più per scelta. La proprietà, rappresentata dal gruppo romano Mag che opera nel settore della fornitura di gas e luce, ha rinnovato le concessioni con il Comune per la ristrutturazione del Città di Arezzo e del centro sportivo Le Caselle, potenziato il settore giovanile fino allo scudetto di giugno con la Primavera, acquistato all'asta un hotel a Rigutino per farne una foresteria. Ma a oggi sembrano investimenti spot, senza un filo comune a legarli insieme, senza una strategia di base. 

Adesso, nonostante le ultime dichiarazioni, diventa difficile pensare che, in un clima del genere, Manzo e gli altri possano andare avanti. Più logico supporre che vengano intavolate trattative per passare la mano. L'ultimo bilancio è stato chiuso con una perdita di poco più di 6 milioni di euro, anche se a breve, stando a quanto dichiarato nelle scorse settimane, dovrebbe arrivare un altro aumento di capitale sostanzioso.

Ma l'esperienza recente insegna che la compravendita di un club di calcio è spinosa. Chi acquista non sa cosa troverà dentro i cassetti della sede, chi vende non sa come andrà a finire. Nel 2018, dopo la battaglia totale guidata da Orgoglio Amaranto, che detiene l'1% delle quote sociali, sembrava si fosse risolto il problema una volta per tutte. Proprietà nuova, debiti quasi interamente azzerati dopo il fallimento pilotato, ambiente compatto, politica finalmente sul pezzo. 

Invece, dopo nemmeno quattro anni, siamo al punto di prima. Giorgio La Cava ha mollato dopo due stagioni, il gruppo Mag sembra già ai titoli di coda. Tanti tifosi invocano l'Arezzo agli aretini che però, come accaduto spesso, sembrano stare alla finestra. Anche perché, come diceva Benito Butali, uno di quelli che a fare calcio ci ha provato, il pallone o ti macchia o ti scotta.

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