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Aliquote Irpef, Ceccarelli: "Il governo non crede nella sanità pubblica, noi garantiamo il servizio a tutti"

Parlando in aula durante l'approvazione del bilancio della Regione Ceccarelli ha spiegato "Chiediamo uno sforzo al 20% dei toscani, per garantire il servizio pubblico a tutti”

“Più tasse per pochi, più sanità per tutti. Vorrei rispondere così allo slogan coniato dal collega Stella con il suo ‘Più tasse per tutti’.  Non è semplice per nessuno chiedere ai toscani di dare un contributo maggiore di quello versato fino ad oggi, ma essendo costretti a farlo perché dal Governo non sono arrivate le risorse attese per coprire i maggiori costi avuti, abbiamo scelto di proteggere il 73% dei cittadini di questa regione, chiedendo un contributo maggiore, al restante 27%, ovvero quelli che hanno più possibilità. Come accade nelle migliori famiglie, quando c’è un problema si chiede uno sforzo a chi sta meglio, per proteggere chi sta peggio”.

Con queste parole, il capogruppo Dem in Consiglio regionale Vincenzo Ceccarelli ha spiegato, nel suo intervento in aula, l’appoggio del Gruppo all’emendamento proposto dal presidente Giani per l’adeguamento delle aliquote Irpef.

“Purtroppo – ha spiegato Ceccarelli - non avevamo alternative per garantire a tutti i toscani una sanità pubblica forte e efficiente. Non potevamo gravare solo gli ammalati, con l’aumento dei ticket. Non potevamo accettare la scommessa di portare alle estreme conseguenze la battaglia sul pay-back, perché poi avremmo avuto effetti devastanti, con aumento indiscriminato delle aliquote per tutti, aumento dell’Irap per le aziende, blocco delle assunzioni e degli investimenti.  Un trauma inaccettabile per la Toscana. Non potevamo neanche creare debito pubblico, come fa con leggerezza il governo nazionale che sta varando una manovra che aumenterà il debito pubblico di oltre 15 milioni di euro”.

“Ai colleghi di maggioranza di Italia Viva, dico: mettiamo in sicurezza i conti della sanità. Se arriveranno le risorse, se ci sarà riconosciuto il pay-back, saremo prontissimi a rivedere le aliquote Irpef. Innanzitutto garantiamo il servizio universalistico, pronti domani a fare marcia indietro se non ci sarà più bisogno. La leva fiscale in Toscana è rimasta inutilizzata per oltre 10 anni, mentre nella quasi totalità delle regioni le aliquote venivano alzate in vario modo e in diversi momenti. Abbiamo resistito fino a quest’anno, fino al momento in cui abbiamo dovuto prendere atto che da Roma non avremmo avuto alcun riconoscimento di quanto dovuto. Per ora – ha concluso Ceccarelli - siamo noi a metterci la faccia e prenderci la responsabilità di fronte ai cittadini. Ma continueremo a impegnarci per migliorare ulteriormente la qualità dei servizi e a pretendere dal Governo nazionale un impegno maggiore sulla sanità a sostegno delle Regioni, in particolare di quelle regioni che, come la Toscana, lo stesso ministero colloca in cima a tutte le graduatorie di efficienza”.

La posizione della Cgil

"La discussione sull’addizionale Irpef regionale deve partire dalla scelta del Governo di non finanziare il Servizio sanitario nazionale pubblico e di non riconoscere alle Regioni risorse a loro destinate (come il payback), previste da una legge dello Stato, per favorire il privato. Inoltre, il Governo non permette spostamenti tra le voci che compongono la spesa sanitaria. Decisioni gravi, scellerate e punitive verso la nostra regione in quanto colpiscono particolarmente quelle a maggior caratura pubblica nella sanità come la Toscana, dove l’aumento delle spese derivanti da voci come gas, luce e acqua si mangia gran parte delle scarse risorse messe a disposizione.

Avremmo avuto bisogno di più tempo per discutere dei possibili strumenti per sostenere la sanità pubblica con le sole forze dei cittadini toscani, ma l’attesa avrebbe rischiato di produrre il commissariamento della sanità, con tagli ai servizi e tassazione al massimo per tutti. A svantaggio di tutti quelli che le tasse le pagano, perché gli evasori non sarebbero stati colpiti comunque, e penalizzando soprattutto i cittadini più deboli per reddito, condizione sociale e salute, quelli cioè che hanno più bisogno di protezione da parte del pubblico, perché il pubblico è di tutti.
A fronte di questo sacrificio per i cittadini, che colpisce il 30% dei contribuenti e salvaguarda i redditi più bassi, la Regione può e deve dare di più. Un patto, quello del pagamento delle tasse a fronte di servizi di qualità, regge solo se i cittadini vedono un effetto tangibile, a partire dalle liste d’attesa, e se il sistema sanitario si riorganizza per rendere più efficace l’investimento nella sanità pubblica, rivedendo le funzioni delle diverse strutture sanitarie, valorizzando nel modello organizzativo di pertinenza regionale le zone distretto e riconoscendo il prezioso lavoro del personale sanitario non solo economicamente, ma anche in una diversa e più funzionale organizzazione del lavoro."

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