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Giostra Saracino

Vedovini lascia, si chiude un'epoca: "Allenare come Martino? Sì, mi piacerebbe"

Il giostratore di Sant'Andrea ha annunciato il ritiro dopo vent'anni di carriera. Tanti i messaggi di stima da tutti i quartieri. "Un grande orgoglio. E pensare che sono stato un gran rompipalle..."

Con l'annuncio del suo addio è riuscito a mettere d'accordo tutti, biancoverdi e avversari, come non gli era mai successo in carriera. Enrico Vedovini lascia dopo vent'anni trascorsi a battagliare con il buratto e gli altri quartieri, che un po' lo temevano e un po' lo attaccavano. E' il destino di quelli bravi: non suscitano indifferenza ma sentimenti forti. Stavolta è diverso. Con la sua uscita di scena si chiude un'epoca: vent'anni di Saracino che passano in archivio e che fanno venira a galla una nostalgia trasversale. 

Scortecci ti ha dedicato parole molto profonde. Ma tutti i quartieri ti hanno reso onore. Che effetto fa?

Bello. Significa che ho lasciato un segno, ne sono orgoglioso. E questo nonostante fossi un rompipalle.

In che senso?

Ho il mio carattere, mi piace vincere. Dietro le logge ho litigato diverse volte, ma la Giostra è così. E' una battaglia da combattere lealmente. Con Scortecci comunque sono andato a cena un paio di mesi fa. C'era anche Cicerchia.

Cosa vi siete detti?

Ci siamo fatti un po' di risate. Elia, la prima volta che ha corso Giostra, in Duomo mi guardava come un mostro sacro. Me l'ha detto lui. Gianmaria invece andava in piazza "per fare il culo al Vedovini". Volevano rinnovare i nostri duelli ma nella mia testa era tutto scritto.

In sostanza, perché hai deciso di finirla qui?

Perché la Giostra è un impegno gravoso. Sai quanti mi dicevano: "ma dai, te puoi andare in piazza anche senza allenamento". Non è così. A un certo punto mi sembrava di trascinarmi. Meglio smettere.

Prima dell'ultima edizione dicesti che in cuor tuo avevi già deciso. Era vero?

Sì. C'era stato quel lungo periodo di pandemia, sia al lavoro che alle scuderie era tutto più difficile. Poi al quartiere il clima era un po' cambiato.

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Cioè?

Diciamo che dall'addio di Checcaci in poi non è stata più la stessa cosa. Avvertivo più tensioni intorno e io a Sant'Andrea ci sono nato, i miei figli ci vivono. E' casa mia, non volevo litigare con nessuno né alimentare polemiche. Più giusto chiudere adesso, alla scadenza naturale del contratto.

Dopo la separazione del quartiere con Checcacci, avevi pensato di farti da parte oppure no?

No, anche se con Angiolino avevo e ho un rapporto molto stretto. Ma con Formelli ho lavorato ottimamente.

Questo tuo passo indietro è per un anno o per sempre?

Da giostratore è per sempre. Non mi sono mai piaciuti i ritorni in sella a 50 anni. Con la Giostra di oggi poi sarebbe impossibile, a meno che un domani rincoglionisca del tutto e cambi idea. Ma non succederà.

A giugno del 2021 hai confessato che ti piacerebbe fare l'allenatore. E' ancora così?

In questi giorni ho ricevuto tanti messaggi del gruppo giovani che mi hanno commosso. L'idea di aver dato un buon esempio mi fa stare bene e trasmettere qualcosa agli altri è la cosa più bella che ti può capitare. Guarda cosa ha fatto Martino.

Cosa?

Quante soddisfazioni si sarà tolto in Giostra? Tantissime, era il re della piazza. Ma io penso che da allenatore, portando Elia e Gianmaria a certi livelli, si è divertito ancora di più. Ecco, un percorso del genere mi piacerebbe. C'è solo un però.

Quale?

Che fare l'allenatore ti porta via più tempo, più energie rispetto a quando sei un giostratore. E io invece vedo che crescono gli anni, gli impegni, i figli mentre il tempo e le energie sono sempre di meno. 

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Hai mai tentennato prima di decidere per l'addio?

No, mai.

Nemmeno dopo quella lancia caduta sulla lizza di giugno? L'unica volta che l'hai persa in carriera...

No, perché ho corso vent'anni, ho fatto quaranta giostre e una lancia sfuggita di mano non cambia niente. In quel momento avevamo perso, potevo solo rischiare il tutto per tutto. Poi il destino è destino, non si cambia.

Ci fosse stato Faliero Papini, cosa ti avrebbe detto?

Mi avrebbe chiamato nel suo ufficio e mi avrebbe chiesto di non fare il matto. Il nuovo consiglio del quartiere, comunque, mi ha chiesto di proseguire, ma io non ho più le motivazioni per farlo.

A Saverio Montini lasci un costume pesante adesso.

E' la Giostra, ci vorrà tempo ma si può fare. Saverio l'ho visto nascere, in lui rivedo il primo Vedovini che veniva dal salto a ostacoli. Negli ultimi anni Sant'Andrea è sempre sceso in piazza con la possibilità concreta di vincere. Adesso bisognerà avere un po' di pazienza in più, ma i risultati arriveranno. La storia biancoverde dice questo.

A proposito di storia. Senza di te ne comincia un'altra per tutta la Giostra. Come nel calcio quando un campione appende le scarpe al chiodo.

Sai cosa mi viene in mente? La sera dell'addio al calcio di Van Basten. Era l'estate del 1995, presi il Suzuki Vitara con mio babbo e andammo a San Siro. Una delle emozioni più forti della mia vita. 

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