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Cronaca

Processo Coingas, condanne e assoluzioni: le motivazioni in quasi 160 pagine

Depositate in tribunale nei giorni scorsi. Ecco perché sono stati condannati Rason, Bardelli, Amendola e Ghinelli (ma solo a 3 mesi)

Quattro condanne e una valanga di assoluzioni. Era la tarda mattinata del 28 febbraio scorso quando il collegio del tribunale di Arezzo, presieduto dal giudice Filippo Ruggiero, emise la sentenza del processo Coingas.  A poco meno dei 90 giorni di tempo previsti, le motivazioni della sentenza sono state depositate. Sono ben 158 le pagine, scritte dal giudice Michele Nisticò e sottoscritte dal presidente Ruggiero, nelle quale vengono ripercorsi tutti i filoni delle intricate vicende che per mesi hanno fatto tremare Arezzo.

Le condanne 

Per quanto riguarda il filone delle consulenze d’oro, sono stati comminati tre anni di condanna per peculato  l'avvocato Pier Ettore Olivetti Rason. Rason ha si eseguito consulenze per Coingas, stabilisce il tribunale, ma una parte di quel lavoro sarebbe stato legato strettamente alla figura di Staderini e non solo alla partecipata. A pesare inoltre sarebbe stato l'episodio dei soldi versati anche per una consulenza  sulla legge Madia che in realtà, afferma il tribunale, dovevano costituire il compenso per una avvocatessa. La professionista (che aveva effettivamente lavorato nello studio fiorentino) sarebbe stata amica del direttore di uno storico quotidiano di Firenze. Rason, scrive il giudice “sapeva perfettamente che il denaro che Staderini spendeva non era il proprio, ma quello di una società che lui stesso sapeva essere pubblica, così come certamente  sapeva che nessun interesse pubblico era in qualsiasi modo perseguito tramite la generosa elargizione effettuata", consulenza che "non aveva alcuna utilità per Coingas".


Le altre condanne sono relative all’affaire Multiservizi. Nel dettaglio sono stati condannati a un anno Roberto Bardelli e Luca Amendola e tre mesi per il sindaco Alessandro Ghinelli (i cui legali hanno già annunciato di voler ricorrere in appello). 
E’ pacifico - si legge nelle motivazioni -  che Amendola fu nominato come presidente di Multiservizi […]  altrettanto pacifico è che la nomina sia stata effettuata dal sindaco Ghinelli”, dopo questa premessa il giudice prende in esame quanto emerso dalle registrazioni realizzate di nascosto da Staderini, quanto lo stesso Staderini ha detto di fronte al Gup, e tutto quello che è emerso dalle audizioni dei testi e degli imputati in aula. 
"Gli impegni presi (e non rispettati) da Amendola", scrive Nisticò, non devono “ritenersi il frutto di una semplice promessa  […] nei confronti di un amico essenzialmente per spirito di liberalità”. Per il giudice, e per l'intero collegio del quale faceva parte anche la giudice Isa Salerno, quello era un “accordo che prevedeva l’adempimento, da parte di Bardelli di un impegno […]politico: sollecitare ed appoggiare la nomina di Amendola ad un incarico di rilievo in una società partecipata del comune di Arezzo”, incarico poi effettivamente ricoperto da Amendola. 
Ma il cuore della vicenda è da ricercarsi nel contenuto dell’accordo. Perché, benché la nomina fosse stata appannaggio del sindaco, “Bardelli – si legge nelle motivazioni - non era neppure un qualsiasi consigliere comunale, ma il primo degli eletti, circostanza questa che evidentemente ne accresceva, almeno potenzialmente, il peso politico e dunque la possibilità di influire sugli indirizzi amministrativi generali dell’ente locale”. Influenza della quale anche Bardelli sarebbe stato cosciente. Secondo il giudice tale influenza si concretizzava “sia sponsorizzando, patrocinando e difendendo la posizione di Amendola, che mantenendo un comportamento non ostativo alla sua nomina, che pure invece avrebbe potuto impedire”. Il tutto in virtù dell’ampio consenso ottenuto alla elezioni. 
Legata alla nomina di Amendola è l’accusa di favoreggiamento reale imputata a Ghinelli “per aver aiutato Bardelli ad assicurarsi il prezzo del delitto di corruzione commesso”. Ma cosa avrebbe fatto Ghinelli? Avrebbe “cercato di stimolare Amendola a rispettare la promessa fatta a Bardelli”.  Dalle registrazioni di Staderini dice il giudice “appare in effetti chiaro che il sindaco si sia mosso in favore di Bardelli per un sentimento di genuina empatia nei confronti di un uomo che appariva, in quel momento, disperato […] Essendo più volte emerso in dibattimento come la sua situazione finanziaria fosse davvero compromessa”.
Come sottolinea il giudice, però, il tribunale non è chiamato a dare un giudizio morale ma “accertare se Ghinelli, pur mosso da umana compassione, abbia commesso il reato contestatogli” e “il collegio ritiene che alla domanda debba darsi una risposta positiva”. Perché? Perché c’era la “consapevolezza da parte del sindaco del fatto che la promessa effettuata da Amendola fosse legata ad un patto illecito”
E’ stata così pronunciata una sentenza di condanna a tre mesi.

Le assoluzioni

Per tutti gli altri capi di imputazione - compreso l'abuso d'ufficio - la sentenza parla solo di assoluzioni.
Esce indenne da tutta la vicenda l'ex presidente di Estra Francesco Macrì, accusato di abuso d'ufficio e concorso in peculato (in tutto la procura aveva chiesto 6 anni di pena). Si trattò di una scelta politca, scrive il giudice, dalle ragioni “forse non particolarmente nobili”, ma che non avevano una rilevanza penale. 
Per lo stesso reato anche il sindaco Ghinelli è stato assolto, così come l'assessore Alberto Merelli. 
Franco Scortecci, accusato di favoreggiamento per le consulenze d'oro, è stato ritenuto innocente, così come la contabile Mara Cacioli: perché “non avevano certo alcuna consapevolezza dell’avvenuta commissione di un delitto”. I due, nella loro frenetica attività di far tornare i conti, “avevano a cuore l’approvazione del bilancio; da questa infatti sarebbero derivati importanti utili per i comuni soci”.
L'operato del commercialista Marco Cocci non è stato considerato ascrivibile peculato (reato per il quale la procura aveva chiesto la condanna a 4 anni). Assolto anche l'avvocato del Comune Stefano Pasquini e il presidente di Arezzo Casa Lorenzo Roggi (per i quali anche la procura aveva chiesto l'assoluzione).

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