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Cronaca Castiglion Fiorentino

"Ad Arezzo l'origine del disastro che ha devastato le Marche"

La Protezione Civile marchigiana: "Una cella temporalesca di grosse dimensioni autorigenerante aveva il suo centro intorno ad Arezzo ma scaricava quantitativi d'acqua enormi in una zona purtroppo densamente abitata del nostro territorio"

Nelle Marche tra il 15 e il 16 settembre "si è sviluppato uno degli eventi più difficili da prevedere per i meteorologi allo stato attuale delle conoscenze. Cioè la formazione di una cella temporalesca di grosse dimensioni cosidetta autorigenerante che aveva il suo centro intorno ad Arezzo ma che scaricava quantitativi d'acqua enormi in una zona purtroppo densamente abitata del nostro territorio". Il responsabile del Centro funzionale multirischi della Regione Marche Paolo Sandroni in conferenza stampa, ieri sera, ha voluto mettere in chiaro le cose sulla mancata previsione della violenta bomba d'acqua che la notte tra giovedì e venerdì scorsi ha colpito le Marche. Un evento singolare e disastroso, difficile da prevedere, la cui origine sarebbe stata proprio nell'Aretino: tuttavia qui i rovesci più consistenti si sono concentrati nella zona di Montecchio Vesponi a Castiglion Fiorentino, recando danni ma non paragonabili con quanto accaduto dall'altra parte dell'Appennino.

Il temporale autorigenerante

"Nel pomeriggio di giovedì, tra le province di Siena e Arezzo, si è assistito alla formazione di un temporale cosiddetto autorigenerante V-shaped - spiega il Centro funzionale -  che, nel suo spostamento verso est, è andato a interessare la zona interna del pesarese, per poi portarsi verso la costa anconetana. L'interazione con l'Appennino ha inoltre intensificato la struttura temporalesca nella zona del Catria (tra Umbria e Marche). Caratteristica dei temporali autorigeneranti è quella della stazionarietà: il temporale continua a riformarsi sempre nello stesso punto e va a interessare sempre le stesse zone, anche per alcune ore. Sono fenomeni la cui previsione è estremamente difficoltosa, sia perché sono molto rari e sia perché le dinamiche che li generano implicano spesso la presenza di configurazioni a scale molto piccole di difficile individuazione.

"Disastro impossibile da prevedere"

"Da carte e modelli matematici la nostra aspettativa era che ci sarebbero stati temporali più sul versante umbro che su quello marchigiano e che queste precipitazioni, comunque di intensità moderata (30/60 millimetri), si sarebbero al massimo potuto spingere un po' più in là dello spartiacque dell'Appennino andando ad interessare la parte montana e collinare dei nostri territori - ha aggiunto Sandroni, come riportato dall'agenzia Dire - Per questo avevamo emesso un'allerta gialla per temporali nella zona 1 e 3 (zone montane e alto collinari delle province di Pesaro Urbino e Ancona)". Questa previsione, aggiunge, "è stata confortata anche il giorno dell'evento dalle carte che ci provenivano dai modelli europei secondo cui nelle Marche addirittura non erano attese precipitazioni". Invece si è verificato un evento unico ed eccezionale che ha piegato diversi territori della regione. "Cose mai viste- continua Sandroni -. La pioggia massima mai registrata nelle Marche in tre ore era una precipitazione del 1956 a Pedaso di 180 millimetri mentre a Cantiano nello stesso arco di tempo abbiamo raggiunto 380 millimetri. Il livello del Misa e del Nevola è risalito di 6 metri in due ore. Ribadisco che in base ai nostri modelli previsionali confidavamo abbastanza sul fatto che l'allerta gialla fosse il livello di allerta più idoneo". E anche "riguardando tutto quello che è stato fatto penso che se a un meteorologo venissero date in mano le carte previsionali di quel giorno oggi rifarebbe la stessa previsione che è stata fatta in scienza e coscienza", chiosa.

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