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Arezzo da amare

Arezzo da amare

A cura di Marco Botti

Giovi-Chiassa

I resti del ponte romanico sul torrente Chiassa

Con la distruzione perpetrata dai tedeschi andò persa anche la possente torre di controllo che si trovava sulla sponda sinistra, anch'essa di epoca medioevale, che si può ammirare solo grazie alle foto storiche

La Sr71 o via Umbro Casentinese, nel tratto a nord di Arezzo, è un susseguirsi di località di notevole interesse da un punto di vista storico e paesaggistico. Una delle ultime frazioni comunali prima di entrare in territorio subbianese e nel Casentino è Ponte alla Chiassa, oggi quasi un tutt’uno con Giovi e Borgo a Giovi a causa dell’espansione urbanistica del secondo dopoguerra.

In epoca medievale si giungeva da Arezzo a Ponte alla Chiassa uscendo da Porta San Clemente, dove iniziava la strada principale verso il Casentino e la Romagna, che a sua volta ricalcava una via romana. Il percorso giungeva nei pressi del castello del Piscinale, fortilizio forse di origine longobarda che assieme a quelli distanti pochi chilometri di Petrognano e Giovi formava un sistema fortificato sotto il controllo aretino, che vigilava su uno snodo viario e fluviale di grande importanza strategica.

Il castello sorgeva nella zona dove nella prima metà del Seicento venne poi eretta Villa Nardi, poi rinominata Villa Redi al Piscinale, ancora oggi considerata una delle più belle dimore gentilizie del territorio aretino.

Appena più avanti si trovava il ponte che attraversava il torrente Chiassa, collocato a poche centinaia di metri dalla sua immissione nell’Arno preceduta da una suggestiva cascata. Siamo subito a sinistra del centro storico di Giovi, dove il grande fiume toscano fa la curva verso Firenze etorce il muso” agli aretini, come scriveva Dante Alighieri nel XIV Canto del “Purgatorio”.

Alla due estremità di Ponte alla Chiassa, fin dal medioevo, si sviluppò un centro abitato che fino agli anni Quaranta del secolo scorso, salvo sporadiche abitazioni sparse, era ancora tutto concentrato lungo il torrente.

Le acque alimentavano alcune attività e fin dal Cinquecento, come ricorda Dario Caccialupi, qui si trovavano anche due mulini, una fornace per il vasellame e un’officina per la forgiatura del ferro. Essendo una zona di passaggio, a breve distanza sorgevano pure un’osteria e un ospedale di origine medievale per viandanti e pellegrini. Non ci dimentichiamo, infatti, che da Ponte alla Chiassa passavano anche le persone dirette in due luoghi sacri come La Verna e Camaldoli.

Come ricorda Silvano Pieri, l’Hospitale de Classe era citato fin dal 1163 come appartenente all’influente Badia di Santa Trinità in Alpe e nel 1278 figurava sotto la giurisdizione della vicina pieve di Santo Stefano alla Chiassa, oggi scomparsa. La chiesa battesimale, da tempo in abbandono, agli inizi del Seicento cedette il titolo a quella di Santa Maria Assunta di Giovi. Di lei rimangono pochi resti inglobati in una colonica nella località detta “La Pievaccia”, dove in seguito sorse una casa colonica.

Un ponte nella zona è comprovato dal 1071 e in un documento del 1204, rintracciato da Ubaldo Pasqui, si parla in maniera esplicita di “Ponte de Classe”. Fu tra XII e XIII secolo che l’attraversamento venne ricostruito in stile romanico.  Nacque così un ponte maestoso, rivestito in pietra arenaria, con due grandi arcate. Guardando le rare immagini storiche rimaste possiamo affermare senza rischio di essere smentiti che quello di Ponte alla Chiassa era un vero gioiello di ingegneria medievale.

Con l’arrivò dell’automobile, tuttavia, l’infrastruttura cominciò a risultare angusta e così nel 1935 si decise di liberarla dal crescente traffico veicolare, realizzando un secondo attraversamento a breve distanza che modificò anche l’orientamento della strada. Questo si può notare dalla direzione dei resti delle arcate, che non corrono perfettamente parallele alla via odierna.

Il ponte rimase a connotare la frazione fino al 16 luglio 1944, quando fu fatto saltare in aria dai tedeschi in ritirata dopo la liberazione di Arezzo da parte delle forze alleate e dei partigiani. Incalzati dai nemici, i nazisti crearono infatti vari sbarramenti e ostacoli che comprendevano pure la distruzione dei ponti lungo l’Arno, il Canale Maestro della Chiana e la Chiassa. Persino Ponte Buriano rischiò di essere distrutto e si salvò solo grazie al blitz di un gruppo d’assalto inglese.

La stessa fortunata sorte non tocco a Ponte alla Chiassa, dove vennero fatti brillare i tre collegamenti presenti: quello romanico, quello degli anni Trenta e quello ferroviario del 1885 sulla linea Arezzo - Stia.

Il secondo e il terzo furono ripristinati negli anni subito successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, perché indispensabili ai contatti con i comuni casentinesi.

Del più antico, ormai utilizzato solo come passaggio pedonale dagli abitanti della zona, rimasero invece solo un cumulo di macerie e il robusto pilone centrale, dove in tempi più recenti venne sistemata una piccola maestà.

Con la distruzione perpetrata dai tedeschi andò persa anche la possente torre di controllo che si trovava sulla sponda sinistra, anch'essa di epoca medioevale, che si può ammirare solo grazie alle foto storiche. Un vero peccato, perché oggi quel piccolo angolo di medioevo formato dal ponte romanico e dalla torre sul torrente Chiassa sarebbe meta immancabile di tanti turisti in cerca di angoli affascinanti, fuori dalle rotte turistiche di massa.

Ponte alla Chiassa e il suo antico ponte

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