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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Sestino ha festeggiato la sua antica Diocesi

Il 17 agosto è una data speciale, scolpita nella pietra dell'altare maggiore della chiesa. La vivace lezione di don Andrea Czortek

Il 17 agosto è una data di festa per la chiesa di Sestino, perché è scolpita nella pietra dell’altar maggiore la riedificazione della pieve, nelle forme architettoniche romaniche. Ma la importanza architettonica – sconvolta nei secoli da vari terremoti – è il frutto dell’importanza religiosa da essa assunta in tutto il territorio che oggi si concentra nel comune di Sestino, ma che già era estesa in zone di Badia Tedalda, Mercatello sul Metauro e Belforte all’Isauro.

Si potrebbe riassumere così uno degli aspetti trattati dal prof. don Andrea Czortek in una vivace “lezione” sulla diocesi Nullius di Sestino, tenuta proprio nella pieve di S.Pancrazio, martedì scorso. La ricorrenza è stata aperta da una messa officiata dallo stesso don Andrea, insieme all’attuale arciprete di Sestino, don Piero Mastroviti e a don Franco Alessandrini, sacerdote originario di Sestino ma attivo attualmente nella diocesi di Pesaro-Urbino. Dopo la messa, festosamente accompagnata dal coro parrocchiale, la conferenza, in una pieve che - con tutti gli accorgimenti dovuti alla stagione del Covid - ha visto vasta e interessata partecipazione. Molti i Sestinati, che vivono oggi in varie regioni d’Italia, si sono ritrovati per apprendere una pagine di storia del loro paese.

Quando Sestino diventò diocesi Nullius? Lo storico ha percorso pagine di documenti, centenaia di anni per catturare non tanto l’esistenza della pieve, quanto le sue specificità, i rapporti con i territori e le diocesi esistenti e soprattutto quel Montefeltro, del quale spiritualmente Sestino ha fatto parte già in antico - nei decenni post-romani e con l’avvento del potere imperiale in Ravenna; con la provincia ecclesiastica, poi, della Massa Trabaria, della quale era una fondamentale pievania. I rapporti ecclesiastici, cioè l’appartenenza a questa o ad altra diocesi, spesso dipendevano dai Signori che dominavano Sestino. Ma era un mondo, quello dei Malatesti di Cesena, come quello dei Vitelli di Città di Castello o dei Montefeltro, che aspiravano ad ampie e complesse dominazioni.

Non c’è una carta ufficiale, che attesti la data precisa – ha spiegato don Czortek - anche perché l’archivio della Pieve di Sestino fu distrutto durante scorrerie di bande avventuriere. Ma si può dire con sufficiente sicurezza che il passaggio di Sestino alla Toscana, con bolla di papa Leone X del 5 luglio 1520, fu l’evento che portò la Pieve di Sestino ad essere autonoma, cioè di nessun’altera diocesi. Infatti, non poteva essere accettato che Firenze politicamente dominasse Sestino e nello spirituale il “potere” appartenesse ad altro “stato”.

Come Nullius – ha spiegato il relatore – l’Arciprete convocava i sinodi ogni due anni, visitava tutte le sue chiese, vigilava sui corretti comportamenti del clero e delle popolazioni, aveva poteri spirituali e temporali, con annessi alla canonica anche prigioni. I contenuti dottrinali e la stessa formulazione dei documenti, anche in virtù delle norme conciliari tridentine, non si discostavano quelle del Nullius dalle contemporanee elaborazioni delle diocesi del Montefeltro o del Borgo Sansepolcro. I rapporti della piccola diocesi erano rapporti con le “grandi” istituzioni, e la Pieve è citata negli scritti anche come “cattedrale”.

Come Nullius - piccola diocesi quindi – Sestino non aveva un seminario per preparare i suoi sacerdoti, che si formavano nelle principali città. Spesso avevano anche ottima carriera, e ricordare che 4 teologi di Sestino parteciparono al lavori del Concilio di Trento. Questa autonomia durò fino ai tempi del Granduca Leopoldo, vari i motivi che indussero a riorganizzare le diocesi di confine. Il relatore ha tenuto a sottolineare che questa “diocesi Nullius” ebbe grande impatto sulle popolazioni locali, nonostante tante difficoltà, perché contribuì alla promozione dell’alfabetismo, della cultura, arricchendo il territorio di chiese e oratori, decorati o ospitanti arte sacra di valore. E, soprattutto, creò una “comunità”, dette senso ad un territorio che nel tempo perse valore politico-militare ma che aveva creato l’ humus unificante che costituisce il substrato anche dell’attuale comunità di Sestino.

Dopo la restaurata Croce del Sasso di Simone, e in attesa della giornata del convegno internazionale del 24 settembre prossimo, questo 17 agosto ha costituito un appuntamento tutt’altro che trascurabile nelle stagioni della pandemia.

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