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Calcio sociale, i ragazzi di Montevarchi e la partita con i detenuti in carcere

Hanno atteso per vari mesi, ma sabato 12 settembre finalmente un gruppo di giovani del “Calcio Sociale” di Montevarchi accompagnati da educatori, genitori e amici è riuscito a varcare il portone di una delle carceri più famose non solo della...

Hanno atteso per vari mesi, ma sabato 12 settembre finalmente un gruppo di giovani del “Calcio Sociale” di Montevarchi accompagnati da educatori, genitori e amici è riuscito a varcare il portone di una delle carceri più famose non solo della Toscana ma anche d’Italia, quello del carcere di Porto Azzurro (Isola d’Elba).

Da tempo era stata coltivata questa speranza di trascorrere alcune ore, naturalmente giocando a calcio, non con i soliti avversari di sempre, ma con qualcuno “diverso” in quanto privo di uno dei diritti umani: la libertà di agire, spostarsi, anche se per propria responsabilità. E così, vestiti solo della divisa da gioco (non è stato possibile portare dentro neanche un orologio di plastica) i ragazzi di Montevarchi hanno incontrato prima gli educatori del carcere, un ispettore della polizia penitenziaria che ha illustrato l’organizzazione e la struttura del carcere, e poi un gruppo di circa 60 “ospiti” della casa di reclusione.

Nessuno sapeva immaginare quale sarebbe stata la reazione delle due parti all’incontro, ma dopo il cerchio di presentazione reciproca e di spiegazione delle regole del calcio sociale ogni preoccupazione è svanita; sembrava che tutti si conoscessero da sempre, fossero amici di vecchia data. E’ nata subito una reciproca simpatia, un legame di intenti e di voglia di stare insieme giocando che ha permesso la disputa di alcune partitelle in allegria e spensieratezza.

Le squadre erano miste, ospiti del carcere e giovani del calcio sociale di Montevarchi, proprio per favorire la conoscenza tra di loro. Se in mezzo al campo si correva, si sudava, ci si abbracciava o anche ci si arrabbiava per un goal mancato, nella piccola tribuna dello stadio quelli che non giocavano hanno avuto l’occasione di parlare, di raccontare le loro storie e miserie di vita che li ha portati a trovarsi in quel luogo. Per i giovani, gli educatori e i familiari del calcio sociale è stato importante ascoltare le loro storie di libertà stroncata da errori, la loro voglia, almeno per alcuni, di far comprendere il rimorso per quello che hanno commesso e la consapevolezza di aver gettato via il loro essere uomini liberi in un attimo. Tanta voglia di stare insieme e di respirare l’aria di libertà che i ragazzi trasmettevano, desiderio che nessuno si scordasse di quella mattina. Uno di loro, sapendo della venuta del calcio sociale di Montevarchi, ha regalato a tutti un ciondolo di legno su cui lui personalmente aveva disegnato una faccetta e scritto la data in modo che ciascuno potesse portare un ricordo visibile di quella giornata. Altri invece hanno rifornito di sigarette i fumatori del gruppo, tutti si sono autotassati per regalarci un piccolo rinfresco di saluto. Poche ore ma intense per tutti. I ragazzi hanno portato un vento di “libertà” nella vita di questi uomini, hanno donato loro la spontaneità dei loro gesti e la loro, ma tutti hanno sicuramente ricevuto molto di più da questo incontro: l’aver conosciuto una realtà letta o vista solo attraverso le pagine dei giornali o della televisione.

Quando è venuto il momento del saluto a molti degli “ospiti” del carcere è venuta spontanea la richiesta: tornate! Non era una frase di circostanza perché sicuramente per loro è stata un’esperienza nuova, viva, una ventata di spontanea allegria all’interno della solitudine della vita nel carcere. Allora il calcio sociale di Montevarchi cercherà di tornare.

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