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Arezzo e Betlemme unite dai Quartieri della Giostra. Il ricavato della donazione dei ceri al Caritas Baby Hospital

Lettera di Gianni Sarrini  Sabato prossimo, durante la Cerimonia della donazione dei ceri al Beato Gregorio X, come da tradizione ogni quartiere donerà una somma in denaro che sarà devoluta al Caritas Baby Hospital, l’ospedale pediatrico di...

Lettera di Gianni Sarrini

Sabato prossimo, durante la Cerimonia della donazione dei ceri al Beato Gregorio X, come da tradizione ogni quartiere donerà una somma in denaro che sarà devoluta al Caritas Baby Hospital, l’ospedale pediatrico di Betlemme gestito da suore cattoliche al quale annualmente, su iniziativa di don Alvaro Bardelli, va il ricavato della cerimonia.

Nell’agosto del 2009, in Terrasanta per il matrimonio dell’amico Gianluca con Ferial, ragazza palestinese di Betlemme, volli visitare l’ospedale. All’arrivo ci accolse suor Ileana, toscana di Grosseto, che allora dirigeva l’ospedale forte di ben 28 anni passati in Palestina, che ci raccontò l’origine e gli scopi del’ospedale.

“Le porte del Caritas Baby Hospital sono aperte ogni giorno, senza interruzione, dal 1952 per bambini ammalati e per le madri, indipendentemente dalla loro religione e dalla loro estrazione sociale. – ci disse suor Ileana - Il “Caritas Baby Hospital” è nato da un atto d’amore: la notte di Natale del 1952, il prete svizzero padre Ernst Schnydrig, stava recandosi alla Messa nella Basilica della Natività. Nel breve tragitto che lo portava alla chiesa, passando vicino ad un campo profughi, incontrò un uomo palestinese intento a seppellire nel fango il proprio figlio morto per mancanza di cure mediche di base.

Da quell’incontro nacque il sogno di un ospedale aperto a tutti i bambini: il Caritas Baby Hospital. Schnydrig, assieme al medico palestinese Antoine Dabdoub e alla cittadina svizzera Hedwig Vetter cominciò prendendo in affitto due stanze, poi si mise a cercare nei villaggi bambini poveri e ammalati. Ne trovò quattordici, in cattive condizioni e li fece ricoverare in quelle stanze. Nacque così il primo nucleo del futuro ospedale. In seguito, nel 1978, ci fu la costruzione e l’inaugurazione dell’ospedale che fu chiamato “Caritas Baby Hospital”. La loro promessa "Noi ci siamo" continua ad essere mantenuta.

Oggi, il Caritas Baby Hospital è diventato un’oasi di tranquillità e di pace per i piccoli e per le loro famiglie che vivono in Cisgiordania. In quest’area abitano circa 300mila bambini, privi di una reale possibilità di assistenza sanitaria. Nella regione, il Caritas Baby Hospital rappresenta una struttura insostituibile. La situazione di continua crisi e conflitto nella Striscia di Gaza ha portato anche bambini di quel piccolo lembo di terra ad essere curati nel Caritas Baby Hospital.

Ogni anno dal poliambulatorio del Caritas Baby Hospital passano 38 mila bambini. Negli 82 letti dei reparti vengono accolti più di 4mila piccoli degenti. Recentemente è stata creata l’Unità di Terapia Intensiva: l’ospedale è ben attrezzato anche per la gestione delle emergenze e il trattamento di piccoli pazienti in condizioni critiche. Nell’ottobre del 2014 è stata inaugurata la nuova Play Room, la stanza in cui i bambini possono giocare e studiare e, in questo modo, guarire.

“In Palestina non esiste l’assistenza sanitaria garantita dallo Stato. – ci ha detto suor Ileana - La legislazione la prevede, ma non ci sono fondi. Il nostro ospedale non è riservato ai bambini palestinesi, o a quelli israeliani, ai figli di famiglie cristiane o islamiche o ebree. E’ per tutti i bambini, nel ricordo Gesù nato a Betlemme.” L’ospedale non ha sovvenzioni di nessun genere. Né da parte del governo palestinese e neppure da quello israeliano. Non riceve aiuti da nessun ente pubblico o umanitario internazionale. E’ mantenuto dalla sola carità della gente. Il suo fondatore, tornato in patria, ha creato a un’associazione che si chiama “Kinderhilfe Bethlehem” (Aiuto Bambini Betlemme). E’ quest’associazione che gestisce economicamente l’ospedale, con gli aiuti che riceve dalla gente. Con il passare del tempo l’Associazione è cresciuta. Si è diffusa anche in Germania e in Austria. Recentemente anche in Italia, con una sede a Verona. Quando leggiamo sui giornali notizie di morti, di bombardamenti, di agguati in Palestina, il nostro pensiero deve correre anche al “Caritas Baby Hospital” e ad altre realtà che sono in quella terra e che non hanno niente a che fare con la guerra. Anzi, si trovano in dolorose difficoltà proprio per la guerra.

“Dal 1952 le porte del Caritas Baby Hospital sono aperte ogni giorno, senza interruzione – ci ricordò suor Ileana - a tutti i bambini e alle loro mamme. Il fondatore si era posto come obiettivo quello di assicurare un’assistenza medica di base ai bambini, vittima delle conseguenze del conflitto israelo-palestinese. Per loro, questo ospedale resta a tutt’oggi un’oasi di pace e di serenità, anche con progetti di assistenza sociale rivolti alle famiglie e con la scuola di infermiere per ragazze del luogo”.

Occorrerebbero molte pagine per raccontare quanto appreso nella visita all’ospedale, che lasciò una profonda impressione in tutti noi che fummo sopraffatti dall’emozione. Al momento di congedarci, suor Ileana mi disse di ringraziare Arezzo e i quattro Quartieri per l’aiuto che mandiamo. Gli risposi che eravamo noi a ringraziare lei.

(www.aiuto-bambini-betlemme.it)

Gianni Sarrini

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