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Petri, il ricordo di Alma: "Quelle strane telefonate dei colleghi, solo dopo capii che Emanuele era morto"

Nel giorno delle celebrazioni tra ricordo e sguardo al futuro. Il capo della Polizia Giannini: "Con quel sacrificio furono sventate le Nuove Brigate Rosse. All'appello mancano ancora le loro armi, ma siamo sempre in allerta"

La commozione è sempre forte. Come se il tempo si fosse fermato a venti anni fa. A quando il sovrintendente della Polfer Emanuele Petri si imbatté su una strana coppia e il suo istinto gli fece capire che qualcosa in loro non andava.  Morì quel giorno, sul treno che da Roma portava a Firenze, per mano delle Nuove Brigate Rosse. Per Alma Broccolini, vedova di Emanuele Petri, la ferita resterà sempre aperta, anche se, racconta: "ho fatto un percorso personale che mi ha portato a non provare odio o sentimenti estremi. Venti anni sono tantisimi, ma tre volte sembra che tutto sia accaduto ieri". 

Questa mattina alle celebrazioni per ricordare il sacrificio estremo dell'agente c'erano tante persone. Piazza della stazione di Castiglion Fiorentino, a lui intitolata, era gremita. Erano presenti le autorità locali, il capo della Polizia Lamberto Giannini, il sottosegretario all'Interno Nicola Molteni, il sindaco di Castiglion Fiorentino Mario Agnelli, il prefetto Maddalena De Luca, il Questore Maria Luisa Di Lorenzo, il comandante provinciale dei Carabinieri Claudio Rubertà e quello della Guardia di Finanza Adriano Lo Vito. Tutti a fianco di Alma e del figlio Angelo (che come il padre ha scelto di indossare la divisa). Ma soprattutto c'era la grande famiglia della Polizia, con tanti agenti, molti dei quali giovani, e molti altri che invece avevano conosciuto Petri.

Le celebrazioni per i 20 anni dalla morte di Emanuele Petri

Il racconto di Alma

"Quella domenica mattina - ha raccontato Alma - ricevetti numerose telefonate. Erano soprattutto i colleghi che mi chiedevano di Emanuele. Io rispondevo a tutti che era al lavoro. Ma era una situazione strana, che non capivo. Poi è arrivata la telefonata di un amico carabiniere: singhiozzava e mi chiedeva dov'era Emanuele. Allora ho iniziato a prendere coscienza. Sono corsa all'ospedale di Arezzo e di fronte all'obitorio ho visto il carro funebre. E' stato allora che ho capito davvero: Emanuele non lo avrei più visto". 

Lo straziante ricordo si mescola al senso di gratitudine quando Alma pensa ai colleghi e ai poliziotti aretini: "Sono stati meravigliosi: hanno dato un senso alla morte del mio Emanuele arrestando nell'ottobre (poco più di sei mesi dopo la tragedia ndr) tutti i componenti delle Nuove Brigate Rosse. Sono stati ragazzi meravigliosi, devo dire grazie a tutti loro perché sono stati i miei angeli custodi". 

Una di quelle divise tanto care oggi la indossa anche il figlio di Petri, Angelo. Il questore lo ha citato nel suo discorso: "E' uno dei miei più fidati collaboratori". E mamma Alma ne va fiera: "Non è fatto per la scrivania, è fatto per l'azione e per stare in strada. Non penso che lui avrebbe potuto fare un lavoro diverso. Sono felice e sono orgogliosa di mio figlio". 

Il ricordo di Lamberto Giannini

Al ricordo della vedova si aggiunge quello del capo della Polizia Lamberto Giannini. "Ricordo come se fosse ieri: quando ricevetti la notizia. Ero insieme ad una mia collega e capimmo subito che si trattava delle Nuove Brigate Rosse". Nel 2003 il terrorismo che faceva paura era quello legato a Bin Laden: da poco erano state abbattute le Torri Gemelle: "Ma c'era latente il timore di un ritorno di quel terrorismo che si era sviluppato in Italia che colpita periodicamente. Grazie al sacrificio di Petri, la cui perdita è stata dolorosissima, le Nuove Brigate Rosse furono fermate. Oggi il ricordo va a lui: era uno di noi, un uomo di famiglia, un marito e un padre esemplare, per noi era un ottimo poliziotto, un questurino, uno di quelli che non so se fosse laureato, però certamente poteva insegnare quali sono i valori della democrazia, della tutela della libertà, quei valori che noi che indossiamo una divisa giuriamo di difendere".

A venti anni di distanza da quei fatti non ci sono più lati oscuri in questa vicenda, ha spiegato Giannini. "All'appello mancano solo le armi della cellula terroristica - ha affermato - perché non tutte sono state ritrovate. Ma la nostra attenzione resta alta".

E poi il ricordo del questore, Maria Luisa Di Lorenzo: "Il 2 marzo 2003 ero un funzionario a Firenze. Ricordo che tutti eravamo sconvolti, avrei voluto fare qualcosa come lo avrebbero voluto tutti i miei colleghi. E ora eccomi qui, il destino mi ha voluto questore di Arezzo, con grande orgoglio con voi a celebrarlo. Sono fiera di aver conosciuto Alma della quale ho apprezzato la sua grande dignità nell’affrontare la vicenda e suo figlio Angelo di cui ho apprezzato le grandi qualità professionali e umane. Mi rivolgo ai giovani, i valori che ha difeso Emanuele vanno custoditi e divulgati. Per difendere la società bisogna fare come Emanuele, semplicemente, giorno dopo giorno, rispettando le leggi".

Il sindaco Agnelli

"Ho vissuto questa triste esperienza come tutti, attoniti, sgomenti. Da quel momento è cambiato tutto, una famiglia, l’ha rafforzata ma gli ha fatto perdere molto, almeno due comunità, quella di Castiglion Fiorentino e di Tuoro, la Polizia. All’indomani di questa barbara uccisione, ricordo che da consigliere comunale proposi all’allora amministrazione comunale d’intitolare questo luogo a Emanuele. E da allora molti giovani sono cresciuti con questo appuntamento che ha trasformato la tragedia in appartenenza dello Stato, di rispetto verso i valori dello Stato. Lamberto Giannini è il quarto capo della polizia di stato che in questi 20 anni è arrivato a Castiglion Fiorentino per ricordare Emanuele Petri, dietro di loro c’è la polizia, ci sono gli agenti, gli uomini e le donne che ogni giorno mettono a repentaglio la propria vita per difendere lo Stato" dichiara il sindaco Mario Agnelli.

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