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"Giustizia per Helenia", la manifestazione. Il padre: "Non archiviate il caso, vogliamo chiarezza"

La giovane morì a 29 anni in un incidente stradale. Oggi in occasione dell'udienza preliminare il padre, il fratello, i familiari e gli amici hanno manifestato di fronte al tribunale

“Non riesco a capire come sia stato possibile che prima della tragedia l’uomo che ha causato l’incidente non non si sia mai accorto della malattia. Oggi Helenia non c’è più e noi siamo qui per chiedere che non ci si dimentichi di lei e che la sua morte non sia archiviata”. Silvano Rapini è il babbo di Helenia, la 29enne educatrice cinofila che perse la vita nel novembre del 2019 in via Ristradelle (nei pressi di Olmo) in un drammatico frontale. 
Si è svolta  questo pomeriggio l'udienza preliminare: c'era attesa per la sentenza, invece si è avuto un rinvio al prossimo 16 novembre per la nomina di un perito d'ufficio che dovrà esaminare tutti gli atti e presentare una relazione. Il medico che riceverà l'incarico è il dottor Pierguido Ciabatti,  direttore del reparto di Otorinolaringoiatra dell'ospedale San Donato. 

La manifestazione

Poco prima dell'inizio dell'udienza il padre, il fratello, i familiari e gli amici di Helenia hanno manifestato di fronte al tribunale. 
“Chi era Helenia? – ricorda il fratello – era una persona speciale, amava gli animali, i cani, i gatti. Aveva una grande sensibilità. Ci manca molto. Chiunque l’abbia conosciuta può testimoniare la sua dolcezza”. E chiede che tutti gli elementi emersi durante i rilievi - e riportati nella memoria depositata dal legale Francesco Valli - vengano presi in considerazione prima che sia pronunciata la sentenza. 

La difesa

La linea della difesa è chiara: il 49enne, stando a quanto rilevato in una perizia e da quanto illustrato in aula dal consulente incaricato, il dottor Giuseppe Macrì, sarebbe stato colto da un colpo di sonno improvviso dovuto ad una patologia: la “Sindrome delle apnee ostruttive del sonno”, conosciuta come Oas. Per questo motivo avrebbe perso il controllo del suo suv e invaso la carreggita opposta, dove proprio in quel momento stava transitando Helenia a bordo della sua Athos. La giovane stava andando al lavoro, ma al canile comunale gestito dall'Enpa, dove si occupava degli animali abbandonati, non è mai arrivata. Il violento impatto le è stato fatale.

La memoria del legale dei familiari

Nei giorni scorsi l'avvocato Francesco Valli, che rappresenta il padre  di Helenia, ha a sua volta depositato una memoria nella quale prende in esame la dinamica che ha portato all'impatto e punta il dito sulla velocità. Nella sua ricostruzione il legale sottolinea come il suv dell'uomo "viaggiasse a 70 chilometri orari, in una strada dove il limite è di 50". 
"Se la velocità fosse stata inferiore - sostiene il legale - anche l'energia cinetica sarebbe stata inferiore  e la decelerazione subita dall'auto di Helenia sarebbe stata meno violenta e ci sarebbe stata un'alta probabilità di scongiurare la morte. Considerando la velocità elevata anche l’eventuale conferma dell’ipotesi difensiva del malore improvviso non sarebbe sufficiente ad escludere la responsabilità dell’imputato per l’omicidio colposo contestato".

La sentenza è attesa per il prossimo 16 novembre.

Ultimo aggiornamento ore 15.45

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