Venti anni fa furono le Nuove Brigate Rosse a creare un clima di paura. Gli omicidi di Massimo D'Antona e Marco Biaggi avrebbero potuto essere solo l'inizio di una stagione del terrore se su treno che Roma andava a Firenze i due brigatisti Nadia  Desdemona Lioce e Mario Galesi non avessero incontrato il sovrintendente della Polizia Ferroviaria Emanuele Petri e i suoi colleghi. Era il 2 marzo del 2003. Petri morì per fermarli. Oggi, a due decenni di distanza, con una cerimonia alla stazione di Castiglion Fiorentino (dove avvenne la tragedia), in provincia di Arezzo, è stato ricordato il sacrificio dell'agente.

"Un sacrificio - ha commentato Lombardo Giannini, capo della Polizia - che ha permesso di smantellare l'ultima cellula delle Nuove Brigate Rosse. Se oggi c'è un problema di sicurezza? Stiamo parlando di fenomeni diversi" spiega riferendosi al caso Cospito e degli anarchici. "Lo Stato sta facendo indagini. C'è in lo questo sciopero della fame di un soggetto assicurato alla giustizia (Cospito ndr) e  sono state molte le operazioni concluse con arresti di persone che si sono rese responsabili di attentati dinamitardi. Il compito dello stato, a mio avviso, in questo frangente è quello di assicurare il diritto di manifestare, prevenendo le violenze. E se le violenze si verificassero assicurare alla giustizia chi le compie". 

Sempre durante la manifestazione in memoria di Petri il sottosegretario Nicola Molteni ha sottolineato come di fronte a terrorismo e nuovi fenomini: "Lo Stato non si fa intimidire e non arretra. In un momento come questo lo Stato deve riaffermare anche i principi giuridici come il 41 bis, perché sono strumenti di contrasto al crimine, alla criminalità organizzata e al terrorismo". 

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