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Scuole linguistiche escluse dai ristori. L'appello di Saida e delle "sue" prof: "Vogliamo tornare a lavorare"

Tra le tante categorie lasciate "all'angolo" dall'emergenza Covid c'è quella che riguarda gli insegnanti che operano all'interno di realtà private che, non solo hanno difficile accesso ai ristori, ma anche scarse indicazioni sulla riapertura

Quando, come e in che modalità riapriranno sono misteri ancora oggi da risolvere ai quali, nelle ultime ore, si è aggiunto anche l'interrogativo sulla continuità del lavoro. Quanti giorni, settimane, mesi riusciranno a lavorare senza fermarsi nuovamente per arginare l'avanzare del virus? Ma non solo. Perché se la didattica in presenza è concessa per le scuole primarie, non può esserlo all'interno di strutture private? Sono domande che Saida Casini, insegnante di lingue e coordinatrice della scuola di lingue Helen Doron di Arezzo, si pone ogni giorno. Nel 2017 ha scelto di rilevare l'attività e oggi, dopo anni di impegno e duro lavoro, con altre 4 colleghe ha costruito un centro di apprendimento dove vengo accolti bambini, ragazzi e cittadini interessati all'apprendimento della lingua inglese. Un esempio di imprenditoria giovanile oltre che un team di tutte donne che hanno saputo creare una realtà riconosciuta e apprezzata dalle famiglie.

Negli ultimi mesi, come del resto molte altre attività, anche la scuola di Saida ha dovuto fare i conti con l'emergenza Covid-19. "Il primo lockdown (quello di marzo) è stato duro. Non ce lo aspettavamo. Subito dopo, quando ci è stato concesso di riaprire - racconta - ci siamo adoperate per adempiere a tutte le richieste e adeguare i nostri spazi, la nostra professione e il nostro metodo di insegnamento alle direttive previste. Abbiamo investito qualche migliaio di euro e, con attenzione e cautela, abbiamo riaperto le porte della nostra scuola". Poi però è arrivata la seconda ondata e il governo ha disposto nuove chiusure, nuove direttive e nuove disposizioni in materia di didattica in presenza. Il tutto rafforzato dalle ordinanze delle Regioni che, per legge, hanno la possibilità di redigere documenti (con valore sempre e solo più restrittivo rispetto alle discipline nazionali) con i quali regolamentare a loro volta la vita all'interno dei territori di propria competenza. "L'ultimo sottoscritto dal presidente della Toscana Eugenio Giani - continua Saida - ci ha colpite duramente". Di fatto, nell'ordinanza del 28 novembre scorso, "l’attività di scuole di musica, di pittura, di fotografia, di teatro, di lingue straniere e altri corsi, compresi gli eventuali esami, è svolta a distanza se collettiva o in presenza se individuale". Ma non è ancora tutto. Rispetto ad altre categorie di lavoratori, quella dei docenti a partita iva specializzati, non ha facile accesso ai ristori. "Anche dopo il primo lockdown - racconta - alla nostra scuola non è stato riconosciuto niente. Abbiamo avuto dei ristori come privati ma nulla di specifico per coprire le spese di mantenimento della struttura o dell'attività in sé. Ma oggi il nostro problema più impellente non è solo l'aspetto economico. Noi vogliamo tornare a lavorare, vogliamo riabbracciare (metaforicamente) i nostri studenti e riacquisire quel briciolo di normalità che tanto aneliamo. Purtroppo però, ad oggi, non abbiamo indicazioni su tempi, modalità e strumenti con cui riaprire". L'insegnamento, in questo caso, è impartito privatamente come didattica aggiuntiva e le famiglie scelgono se attivarlo per i propri figli o meno. Nella maggior parte dei casi gli iscritti sono bambini che frequentano scuole per l'infanzia e elementari e per loro, secondo il metodo di insegnamento promosso nella scuola di Saida, sono necessari corsi specifici in presenza perché come molti hanno compreso da inizio emergenza ad oggi "fare lezione online ai piccoli è davvero dura e non si ottengono gli stessi risultati". Da quanto è scoppiata l'emergenza sanitaria, anche Saida insieme alle proprie colleghe si è messa a disposizione per effettuare corsi a distanza ma, se per i più grandi questo sistema di comunicazione-apprendimento è diventato semplice da gestire, per i bimbi le lacune sono molte. "Dobbiamo solo ringraziare i genitori che li sostengono durante le nostre lezioni - racconta - però vorremmo davvero tornare ad un'altra tipologia di insegnamento. E questo lo chiediamo non solo per il futuro della nostra attività ma, anche e soprattutto, nell'interesse dei piccoli che hanno pieno diritto di vivere a pieno momenti di socialità e di apprendimento. Ricordiamo che, da quando abbiamo riaperto abbiamo limitato l'accesso a gruppi di due, massimo otto bambini. Questo per garantire al meglio la sicurezza di tutti".

Una situazione che, alcuni colleghi di altre città toscane di Saida, hanno sottoposto all'attenzione del presidente Giani rappresentando nel dettaglio le difficoltà e le incertezze del momento e chiedendo interventi mirati volti alla tutela del lavoro e della fruibilità del servizio da parte delle famiglie e dei loro iscritti.

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