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Il Tempietto alla Vittoria del Prato

Nonostante la sua posizione panoramica, la maggior parte delle persone tuttavia non ne conosce il significato, che vale la pena di raccontare

Salendo lungo via dei Pileati o percorrendo viale Bruno Buozzi è impossibile ignorare la sagoma del Tempietto alla Vittoria del Prato, al di sopra dei ruderi dell’antico Palazzo del Popolo. Nonostante la sua posizione panoramica, la maggior parte delle persone tuttavia non ne conosce il significato, che vale la pena di raccontare.

Agli inizi dell’Ottocento, nel periodo in cui veniva sistemato anche il “passeggio del Prato”, fu realizzata nella zona un’edicola in stile neoclassico dedicata alla Madonna che venne sostituita intorno al 1935, anno di completamento di viale Buozzi, da un nuovo manufatto dedicato alla vittoria italiana della Prima Guerra Mondiale, nel ventennale dall’entrata del Paese nell’evento bellico.

A ricordo della precedente maestà e della sua funzione religiosa originaria, il tempietto viene anche ricordato come Santa Maria alla Vittoria.

L’opera progettata da Giuseppe Castellucci fu sostenuta e supervisionata da Ferruccio Bigi, il “rabdomante dell’arte aretina”, che dopo essere stato parroco di Rigutino e Sant’Agnese, dal 1928 fu canonico della pieve di Santa Maria Assunta, ruolo che ricoprì fino alla morte avvenuta nel 1951. 

Il tempietto venne realizzato in stile neorinascimentale, in un epoca di revival stilistici che portarono ad Arezzo vari interventi soprattutto ispirati al medioevo, come ad esempio il rialzamento e la merlatura di alcune torri e la realizzazione di nuove facciate delle chiese e dei palazzi cittadini. All’interno della nuova edicola vennero sistemati un altare e un altorilievo in terracotta raffigurante la “Madonna con il Bambino”, anche questo di gusto neorinascimentale.

Il Tempietto alla Vittoria del Prato

Al di sopra della scultura, nella seconda metà degli anni Trenta, fu collocata infine una splendida vetrata in stile liberty in cui si ammira l’Italia “turrita”, una delle più conosciute personificazioni del Bel Paese, rappresentato in questo caso da una figura femminile dall’aspetto solenne, con la testa impreziosita dalla cosiddetta “corona muraria” fatta di torri stilizzate.

Questo tipo di corona è anche il simbolo delle città italiane, non a caso è presente proprio sopra agli stemma dei comuni che posso fregiarsi del titolo di “città”. 

Tra l’epoca risorgimentale e il ventennio fascista la rappresentazione allegorica dell’Italia turrita ebbe molto successo e la troviamo spesso raffigurata nelle opere d’arte del periodo, ma la corona muraria era già presente  nell’antica Roma e spettava all’eroe militare che per primo aveva scalato le fortificazioni  nemiche conquistate.

La figura femminile del tempietto tiene con la destra una lancia e con la sinistra la Nike, personaggio della mitologia greca che impersona la Vittoria Alata, dalla quale sta ricevendo una piccola corona d’alloro. Vista la realizzazione del tondo di vetro negli anni successivi alla vittoria italiana nella Guerra d’Etiopia, è stato anche ipotizzato che la nascita dell’impero del 1936 possa averne suggerito l’iconografia.

Dopo anni di incuria il Comune di Arezzo, proprietario del tempietto del Prato, nel 2018 promosse il suo restauro in occasione del centenario dalla fine della Grande Guerra. L’iniziativa si inseriva all’interno di un più ampio programma regionale di restauri e valorizzazione dei luoghi dedicati all’evento bellico. 

L’intervento conservativo sul manufatto venne curato dallo Studio Tre di Tiziana Conti e Tommaso Sensini, mentre il restauro della vetrata fu mirabilmente eseguito da Olimpia Bruni e consentì di recuperarne la corretta lettura, che oggi la pone tra le opere in vetro più belle e complesse degli anni Trenta a livello nazionale.

In particolare è stata più volte messa in luce la qualità del volto e della veste dell’Italia, eseguiti nel lato interno del tempietto con la tecnica a “grisaille”, che permetteva di aggiungere alle vetrate caratteristici effetti pittorici. Il 4 novembre 2018, Giornata dell’Unità Nazionale, il Tempietto alla Vittoria di Arezzo venne inaugurato alla presenza delle autorità locali dopo il restauro, consentendo ad aretini e turisti di tornare ad ammirarlo e ad ammirare la città da quel punto privilegiato. 

Dall’edicola neorinascimentale, infatti, si può godere di vedute uniche sul centro storico. Lo sguardo viene catturato in particolar modo dalle torri del Palazzo Comunale e di Casa Petrarca, quest’ultima detta anche “torre Sassoli”, dai campanili della cattedrale e della pieve, dalla parte posteriore delle Logge Vasariane e dalle aree verdi del Prato e dei sottostanti giardini del Praticino, dove La Hermana y la Herida” di Abel Vallmitjana e il gruppo bronzeo “Il Coro”, ovvero le pecorelle di Karen Wilberding Diefenbach, vanno a creare assieme al tempietto uno scorcio di straordinario fascino. Provare per credere.

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