E' aumentato del 3,1% il divario tra "i ricchi" e "i poveri".
Una percentuale contenuta quella che racconta la provincia di Arezzo che, nel panorama regionale, si piazza tra le ultime posizioni.
A confermarlo è lo studio elaborato da Iref e presentato da Acli Toscana. Il documento prende in considerazione il divario tra benestanti e meno abbienti, tra il 2008 e il 2015 e mira a misurare gli effetti della crisi economica sui territori.
In tutta la Toscana il divario è aumentato del
6,7%, ovvero più di due punti percentuali rispetto alla media italiana (+4,3%).
“Nonostante l'economia toscana abbia attutito i contraccolpi della recessione –
afferma Giacomo Martelli, presidente di Acli Toscana – la depressione economica ha causato un palese peggioramento delle condizioni sociali”.
Ad Arezzo questa distanza è cresciuta ma, rispetto ad altre realtà, molto meno.
Le
maglie nere vanno alle province Massa-Carrara (+14,8%),
Pistoia (+11,5%) e
Lucca (9,5%), dove la distanza di chi non riesce ad arrivare a fine mese e la neoborghesia è cresciuta a dismisura. Significativa la crescita anche a
Grosseto (7,4%) e
Livorno(6,9%). Sono sotto la media regionale invece
Prato (6,4%) e
Firenze (5,3%) e invece sotto quella nazionale:
Arezzo (3,1%) e
Pisa (2,9%). Degno di nota è invece il caso di
Siena che è in netta controtendenza: il divario in questa provincia si è attenuato – 0,1%.
In generale le imprese toscane sono
fuoriuscite dalla recessione con una maggiore capacità di estrarre valore economico dalla produzione di beni e servizi. Il valore aggiunto per ora lavorata infatti è stato pari a
32.500 euro nel quinquennio 2005-2010, per arrivare a
35.000 euro nel 2015. Dati che fanno posizionare la Toscana subito dietro il Nord Italia e l'Emilia Romagna. Altro dato positivo è quello relativo all'export: la Toscana si posiziona quinta in Italia ed Arezzo nel contesto regionale è una delle forze trainanti.
Per quanto riguarda invece il
tema del lavoro, la Toscana nel 2016 è tornata ai livelli di impiego pre crisi con un t
asso di occupazione del 69,9%, ben 8,3 punti sopra la media nazionale. Ad essere peggiorata però è la qualità del lavoro con un aumento dei l
avoratori part-time passati dal 13,7% nel 2004 a 19,3% nel 2016, dei
lavoratori a tempo determinato: dall'11,8% al 14%. “La flessibilità –
dice il presidente Martelli – non ha funzionato sino in fondo a fronte di un mercato del lavoro ingessato, che non riesce ad assecondare la mobilità sociale dei lavoratori verso impieghi dignitosi. Le principali vittime sono stati in particolare i giovani e le donne”. La
disoccupazione femminile è salita tra il 2008 e il 2016 dal 7,2% al 10,8%. E i
giovani disoccupati, nella fascia d'età 15-24, sono più che raddoppiati in Toscana nell'arco di soli 8 anni: dal 14,6% el 2008 al 34% nel 2016.