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Economia

"Non è più economicamente sostenibile”. Viaggio al centro della crisi della Chianina

L'approfondimento a cura di CiboToday sul perché questa carne, eccellenza del territorio, ha visto negli ultimi anni un crollo delle vendite

Un viaggio nel cuore dei problemi di uno dei simboli dell'agroalimentare della provincia di Arezzo: la Chianina. La nobile razza bovina, che fa parte del disciplinare Igp del Vitellone bianco dell'Appennino Centrale, è a rischio estinzione. I numeri della crisi li diffonde Cia (Confederazione Italiana Agricoltori): negli ultimi 10 anni gli allevatori di razza Chianina nella provincia di Arezzo sono diminuiti del 27%, e il numero dei capi nelle stalle è sceso del 20% rispetto al 2013. "L’allevamento di Chianina non è più economicamente sostenibile. Diminuiscono le stalle, calano i capi allevati, l’emorragia di aziende è forte soprattutto nelle aree più marginali" dice Serena Stefani, presidente della Cia. Un grido d'allarme lanciato da tempo di cui ArezzoNotizie si è, a più riprese, occupata. Nei giorni scorsi sono anche arrivate delle proposte da parte di Massimiliano Dindalini (direttore Cia Arezzo) per salvaguardare gli allevamenti.

Un approfondimento di CiboToday prova a far luce sulle cause del tracollo.

La storia della razza Chianina, “il gigante bianco”

La Chianina è una razza bovina autoctona della Valdichiana, zona al confine tra Toscana e Umbria da cui prende il nome. È tra le più antiche del mondo, con radici che risalgono a oltre 2000 anni fa. Inizialmente pare che venisse impiegata principalmente come animale da lavoro, vista la sua stazza, mentre nel tempo ha iniziato a essere allevata per la produzione di carne pregiata. È nota per le sue caratteristiche distintive, tra cui il mantello bianco, la struttura robusta e l'imponente statura, tant’è che viene soprannominata il "gigante bianco".

Il ruolo nella bonifica della Valdichiana

È stata la regina incontrastata della Valdichiana aretina, il simbolo dell’agricoltura e del territorio che è stato sottratto alla palude; infatti si deve a questo bovino un ruolo fondamentale nell’opera risanamento e bonifica che è stata fatta tra il XVIII e il XIX secolo. Nel 1988 il Vitellone Bianco dell’Appenino Centrale – che include Chianina, Romagnola e Marchigiana – ha ottenuto l’Igp (Indicazione Geografica Protetta), ed è stato il primissimo marchio di qualità per la carne bovina approvato dall’Unione Europea per l’Italia. Da qui in poi è stata regolata da un disciplinare di produzione, con stretti requisiti e controlli rigorosi, in modo da tutelare lo stretto legame con in territorio e assicurare un prodotto di qualità. Insomma un passato illustre che però sembra ormai superato, dalle stelle alle stalle (letteralmente), ma cosa è successo?

I problemi legati alla crisi della carne Chianina toscana

Il mercato è cambiato: il trend del consumo di carne non è in diminuzione ma lo è quello di carne bovina, sempre più sostituita dalle carni bianche. Questo è dovuto a una serie di fattori, tra cui cambiamenti nelle preferenze alimentari dei consumatori e preoccupazioni riguardanti la salute e l'ambiente. L’indice di apprezzamento di questa razza è in calo; infatti le vendite medie sono diminuite del 20%. E così le stalle restano piene, nonostante il prezzo sia progressivamente sceso da circa 8,5€/kg a 7,5€/kg. Uno dei problemi principali che sottolineano dalla Cia è la gestione complessa e costosa di questo tipo di allevamento. Inoltre, l'introduzione di razze bovine straniere ha aumentato la concorrenza sul mercato della carne.

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