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Cronaca

Operazione "Argento vivo", in 32 di fronte al giudice accusati di truffa ai danni dello Stato

  In 32 di fronte al gup Ponticelli: è stata fissata per il prossimo 14 febbraio l'udienza preliminare per gli indagati di “Argento vivo”, una maxi operazione condotta dalla Guardia di Finanza che, nel febbraio del 2015, portò alla luce una...

In 32 di fronte al gup Ponticelli: è stata fissata per il prossimo 14 febbraio l'udienza preliminare per gli indagati di “Argento vivo”, una maxi operazione condotta dalla Guardia di Finanza che, nel febbraio del 2015, portò alla luce una maxi frode legata alla compravendita di argento e metalli preziosi.

Un raggiro, per circa 3,2 milioni di euro di Iva evasa, che portò la Procura di Arezzo a formulare l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Quattro di questi hanno in passato già provveduto a definire la propria situazione giudiziaria.

Il 14 febbraio sarà anche l’ex amministratore delegato di Oro Italia Trading, società partecipata di Banca Etruria che proprio nel 2015 finì nel mirino della Guardia di Finanza, ad essere di fronte al giudice. Per lui era stato richiesto anche l’arresto, negato dai giudici. La difesa, sostenuta dall'avvocato Luca Fanfani, punterà a dimostrare la sua estraneità ai fatti.

LA VICENDA

Le attività di indagine della GdF permisero scoprire una frode fiscale nel settore del commercio di metalli preziosi (principalmente argento, ma anche platino, palladio e rodio), attuata da due distinte organizzazioni criminali. I protagonisti erano due soggetti aretini, noti nel distretto orafo locale, che, pur non avendo alcun ruolo formale nelle società coinvolte, erano in grado di controllarne l’operatività, dirigendo i “prestanome” in maniera quasi militare arrivando al punto di dirgli come vestirsi o cosa dire durante gli atti gestionali.

Le due organizzazioni hanno acquistato per anni ingenti quantitativi di argento puro (in grani) in ambito nazionale, senza corrispondere l’IVA ai fornitori (applicando il meccanismo del “reverse charge”).

A questo punto l’argento puro veniva trasformato in semilavorato (fuso in verghe) senza alcuna effettiva finalità commerciale ma solo con l’obiettivo di assoggettare ad IVA le successive vendite attraverso società c.d. “cartiere” che non versavano nè IVA e nè II.DD.

Il metallo veniva poi definitivamente ceduto al cliente finale che lo faceva nuovamente affinare per ricollocarlo sul mercato. Il sistema fraudolento consentiva ai membri delle associazioni criminali di intascare l’IVA generata dalle operazioni commerciali strumentalmente realizzate, nonché al cliente finale di acquistare i metalli preziosi ad un prezzo sensibilmente inferiore a quello che avrebbe potuto spuntare se si fosse rivolto direttamente alle aziende che fornivano i beni e che davano inizio al “circuito” economico artificioso e “messo in piedi” al solo scopo di poter frodare l’erario.

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