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Arezzo da amare

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A cura di Marco Botti

Aretino di nascita e per vocazione. Dal 2004 sono giornalista culturale, nonché addetto stampa e curatore di mostre ed eventi. La mia attività è rivolta principalmente, fin dall’inizio della carriera, al mondo delle arti visive. Credo nella natura divina dei Beatles

Arezzo da amare Centro Storico

La Postierla di Pozzolo e il monumento al tenente belga

Un nuova perla di Marco Botti con l'appuntamento con Arezzo da Amare

Per il turista che accede al centro storico di Arezzo da nord, la Postierla di Pozzolo è uno degli ingressi più utilizzati, perché consente di raggiungere subito piazza San Domenico e l’omonima basilica che custodisce il “Crocifisso” duecentesco di Cimabue, uno dei capolavori per cui la città è conosciuta nel mondo. 

Secondo la maggiore parte degli storici questa piccola entrata era una delle porte della cinta muraria realizzata nel 1194-1200. Citata nei documenti anche come Pozuolo, Pozzuolo e Pozoli, nella cerchia successiva, quella tarlatesca del Trecento, perse rilevanza e venne relegata al ruolo di “postierla”, quindi un accesso secondario nella cortina tra Porta San Clemente e Porta Stufi.

Nel 2018 Marco Giustini ha spostato l’originale Porta Pozzolo e il sobborgo omonimo nel tratto tra l’odierna Fortezza e la scomparsa Porta San Biagio, quindi a sinistra di Porta Stufi. Quella che vediamo oggi sarebbe secondo lo storico da ricondurre alla “Porta San Domenico” citata in un documento del 1310. Un’interessante ipotesi da approfondire.

Pozzolo, la Postierla e il monumento a Meuret: le immagini

Di sicuro sappiamo che la postierla non ha invece nulla a che vedere con Porta San Biagio, anche se molti continuano ad appellarla così, disorientati dalla piccola strada che da via Tarlati conduce all’entrata, denominata “via Porta San Biagio” per un errore di toponomastica mai risolto. Persino lo storico parroco di San Domenico Raimondo Caprara la chiamava in questo modo nei suoi testi, ma Porta San Biagio è celata dove oggi è il muro di contenimento del Prato. Essa era collegata con l’odierna via Pietramala, nel medioevo la “Strata de Porta S. Blaxii” che poi proseguiva per la Catona.   

Durante il breve dominio fiorentino del 1337-1343, causato dalla decisione di Pier Saccone Tarlati di cedere a tempo la signoria di Arezzo in cambio di denaro e privilegi, presero il via imponenti lavori per realizzare un nuovo sistema fortificato, che si componeva di tre strutture principali: un circuito detto Cittadella, un fortilizio minore al suo interno definito Cassero di San Donato e il Cassero di San Clemente. 

I primi due, situati nelle attuali aree del Prato e della Fortezza, erano collegati al terzo attraverso un corridoio esterno coperto, che forse causò la manomissione o il tamponamento dei precedenti accessi. 

A destra e sinistra della Postierla di Pozzolo, nel tratto di mura che va da Porta Stufi a Porta San Clemente, si possono ancora notare i resti del passaggio che serviva ad andare da una parte all’altra del complesso difensivo in sicurezza. 

Due secoli dopo, con la realizzazione della cinta medicea cinquecentesca, il corridoio fu smembrato. Nel 1650/52 Annibale Cecchi, ingegnere militare del Granducato di Toscana, fece sistemare le arcate residue, dando loro una valenza monumentale. In quel periodo Cecchi stava infatti consolidando il limitrofo baluardo del Torrione, come ricorda nei suoi contributi alla storia delle fortificazioni cittadine Andrea Andanti.

La Postierla di Pozzolo rimase chiusa fino al 1943, quando venne riaperta su idea di Padre Caprara per permettere alla popolazione di uscire subito verso la campagna in caso di bombardamenti, senza dover allungare in direzione di San Clemente. Con l’inaugurazione delle scale mobili nel 2004, che consentirono un accesso comodo al centro storico, la piccola entrata fu messa in collegamento con il percorso meccanizzato di Porta Stufi grazie al camminamento intitolato alla storica dell’arte e soprintendente di Arezzo Anna Maria Maetzke. Da anni la zona è diventata ritrovo abituale di molti aretini per il passeggio dei loro cani, grazie ai prati da sfruttare tra le mura e i parcheggi delle auto.

Subito fuori dalla postierla si trova un monumento a ricordo del giovane tenente belga Jean Mauritz Justin Meuret

Egli era arrivato come prigioniero degli italo-tedeschi nel campo di Laterina, dal quale evase nell’autunno 1943 rifugiandosi prima nei boschi di Gaenne e quindi ad Antria, dove entrò in contatto con alcuni partigiani della frazione. 

Venne ucciso il 15 giugno 1944 durante il tentativo andato a vuoto di liberare il fondatore del Comitato provinciale di concentrazione antifascista Sante Tani, imprigionato da alcuni giorni assieme al fratello parroco Giuseppe e ad Aroldo Rossi nel carcere aretino, dopo il loro arresto del 30 maggio nei pressi di Anghiari. 

Nel blitz Meuret aveva il compito di prende in consegna i tre uomini dopo la liberazione per condurli nella zona della Catona, dove ad attenderli c’erano alcuni partigiani camuffati da contadini. Appostato nel campo vicino alla Postierla di Pozzolo, allora coltivato a grano, fu raggiunto da alcuni repubblichini in perlustrazione intorno alle 19 che gli chiesero le generalità, insospettiti dall’accento non propriamente locale. Meuret fece finta di prendere i documenti ed estrasse la pistola, ma nel conflitto a fuoco fu freddato da una mitragliata. Un’ora dopo i fratelli Tani e Rossi vennero trucidati dalla Guardia Nazionale nel carcere. Al tragico e controverso evento Santino Gallorini ed Enzo Gradassi hanno dedicato il volume “Una lira per tre vite” pubblicato nel 2020 da Fuori|Onda ed Effigi Edizioni.  

I genitori del militare belga arrivarono ad Arezzo il primo settembre 1946 per recuperare la salma nel cimitero cittadino. Due giorni dopo, alla riesumazione, presero parte le autorità assieme a rappresentanti di partiti, ex soldati, partigiani e gente comune. La famiglia ricevette anche un vaso di terra aretina, da mescolare a quella belga al momento della sepoltura nella natia Jemappes. La Nazione del 4 settembre 1946 riporta che il feretro lasciò la città dopo essere stato portato in corteo nel centro con una jeep. In seguito fu realizzato il monumento in pietra arenaria a ricordo dell’immolazione, che raffigura un libro aperto contornato dalle parole "Giustizia, Libertà e Umanità”. 

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