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Arezzo da amare

Arezzo da amare

A cura di Marco Botti

Aretino di nascita e per vocazione. Dal 2004 sono giornalista culturale, nonché addetto stampa e curatore di mostre ed eventi. La mia attività è rivolta principalmente, fin dall’inizio della carriera, al mondo delle arti visive. Credo nella natura divina dei Beatles

Arezzo da amare Centro Storico / Piazza Guido Monaco

Il monumento a Guido d’Arezzo

Non essendoci documenti riguardanti il periodo giovanile, è difficile fissare la data di nascita del teorico e monaco benedettino, che viene collocata intorno al 990/992. Ancor più discusso è il luogo dove nacque: Arezzo, Talla (AR), Ferrara e Codigoro (FE)

Gli aretini lo chiamano Guido Monaco, ma per tutto il mondo è Guido d’Arezzo, il più grande innovatore musicale del medioevo, che da quasi un secolo e mezzo saluta per primo tutto coloro che arrivano ad Arezzo in treno. 

Il monumento a lui dedicato si trova infatti al centro di una piazza circolare che con la diffusione dell’automobile si è trasformata in una grande rotonda con alberi e aiuole, punto di convergenza dei cosiddetti “assi ottocenteschi”, che tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta del XIX secolo spostarono il baricentro della città verso la stazione ferroviaria e dettero le premesse per il futuro sviluppo oltre le mura medicee. 

I dettagli della statua di Guido Monaco

Non essendoci documenti riguardanti il periodo giovanile, è difficile fissare la data di nascita del teorico e monaco benedettino, che viene collocata intorno al 990/992. Ancor più discusso è il luogo dove nacque: Arezzo, Talla (AR), Ferrara e Codigoro (FE) solo i principali comuni che si contendono i natali, ognuno con le proprie motivazioni. 

Di sicuro sappiamo che negli anni Venti dell’XI secolo Guido arrivò (o tornò) ad Arezzo dall’abbazia di Pomposa e si stabilì nella cittadella vescovile del colle del Pionta, a quei tempi centro culturale illuminato, dove approfondì l’insegnamento del canto gregoriano. Rendendosi conto della difficoltà di studiare a memoria per i giovani della Schola Cantorum che dirigeva, ratificò quelle soluzioni che erano state ostracizzate sul delta del Po dagli altri monaci pomposiani, mirabilmente spiegate nel “Micrologus”, il suo trattato più importante scritto intorno al 1026, dedicato al vescovo aretino Teodaldo che lo aveva accolto e sostenuto.

Al genio benedettino la storia della musica deve ad esempio il metodo mnemonico della “mano guidoniana” per facilitare gli studenti in un tipo di solfeggio, la “solmisazione”. A lui è assegnato anche il “tetragramma”, ovvero il rigo musicale composto da quattro linee orizzontali dove posizionare la sua “notazione quadrata”, che consentiva di superare quella neumatica, fatta di segni grafici scritti in campo aperto. L’intuizione per la quale Guido è universalmente conosciuto è tuttavia il nome delle sei note del sistema “esacordo” per facilitare l’intonazione. In questo caso il monaco si aiutò con le sei sillabe iniziali dei versi di un inno a San Giovanni: “UT queant laxis REsonare fibris MIra gestorum FAmuli tuorum SOLve polluti LAbii reatum Sancte Iohannes”. Nel Cinquecento, con le iniziali di Sancte Iohannes si definì anche la settima nota e nello stesso secolo o in quello seguente UT fu sostituita con DO.

La consacrazione di tutte queste novità, che accorciavano notevolmente i percorsi di studio, arrivò quando papa Giovanni XIX convocò il teorico a Roma e con entusiasmo ne approvò i metodi pedagogici, che consentivano di interpretare un canto al primo ascolto, metterlo per iscritto e di fatto superare la trasmissione orale della musica.

Gli ultimi anni di vita Guido li trascorse in preghiera, per alcuni trasferendosi a Fonte Avellana, per altri andando a Camaldoli o a Santa Trinita in Alpe, per altri ancora tornando a Pomposa. Morì tra il 1033 e la metà dell’XI secolo.

Il monumento in marmo di Arezzo fu promosso nel 1864 dal nobile Angiolo Antonio De’ Bacci, fondatore della Società Filarmonica Aretina, che formò una commissione che doveva occuparsi di reperire i fondi e una commissione musicale di rappresentanza, di cui facevano parte personaggi illustri come Gioacchino Rossini, nominato presidente onorario, Saverio Mercadante, Giovanni Pacini e Giuseppe Verdi.

La statua fu affidata dal Consiglio Comunale di Arezzo il 22 settembre 1875 allo scultore livornese Salvino Salvini, professore all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Il 16 dicembre 1876 venne approvato il bozzetto in gesso. 

L’inaugurazione del 2 settembre 1882 fu un momento esaltante per la città. Le cronache raccontano che per dieci notti consecutive la piazza e la via dedicate al’innovatore rimasero illuminate con i lampioni elettrici di recente installazione. Al Teatro Petrarca fu dato il “Mefistofele” di Arrigo Boito e per tutto il mese di settembre ci furono vari eventi collaterali, comprese una rassegna internazionale di musica corale sacra e una mostra di strumenti musicali.

L’opera fu considerata da subito uno dei più alti esempi di scultura celebrativa di quegli anni, in cui si riempivano le piazze della giovane Italia con simboli patriottici e personaggi in grado di accrescere il sentimento di unità nazionale.

Il teorico è raffigurato in piedi con la cocolla, tipico indumento monastico, mentre posa la mano destra sull’antifonario contente l’inno a San Giovanni. Sul basamento del monumento sono collocati due rilievi bronzei raffiguranti a sinistra Guido che inventa le note musicali sotto ispirazione divina, circondato da angeli cantori, a destra il genio che insegna il canto gregoriano ai monaci e ai novizi con il suo sistema innovativo e li dirige in coro. 

Come riconoscimento Salvini fu nominato cittadino onorario di Arezzo. Nel 1893 egli si trasferì con la famiglia in città e andò a vivere proprio in via Guido Monaco. Morì nel 1899 e venne sepolto nel cimitero monumentale.

Nel 2016 la Fondazione Guido d’Arezzo promosse la realizzazione di una scultura realizzata dall’artista aretino Alessandro Marrone e finanziata da Centro Chirurgico Toscano e Lions Club Mecenate da collocare sul fianco destro della statua, che si sviluppa attraverso una spirale di dna in cui sono incastonate le note. L’opera è provvista di QR code, con il quale il turista può accedere a una pagina in varie lingue che spiega, se ce ne fosse ancora bisogno, chi fu Guido Monaco e perché ancora oggi il mondo musicale ha un grande debito nei suoi confronti.

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