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I percorsi diagnostici-terapeutivi nelle Psicosi schizofreniche: tra servizi di salute mentale e comunità

Il centro di geo Tecnologie di San Giovanni ospita, venerdì prossimo, una giornata di lavori sul tema dei I percorsi diagnostici-terapeutivi nelle Psicosi schizofreniche. Se ne parla alla luce delle esperienze esistenti e valutando i servizi di...

Il centro di geo Tecnologie di San Giovanni ospita, venerdì prossimo, una giornata di lavori sul tema dei I percorsi diagnostici-terapeutivi nelle Psicosi schizofreniche. Se ne parla alla luce delle esperienze esistenti e valutando i servizi di salute mentale e comunità. I lavori inizieranno alle 9,30 e vedono fra i partecipanti e relatori Giampiero Cesari, Stefano Milano, Andrea Fagiolini, Nadia Magnani, Giuseppe Cardamone, Edvige Facchi, Francesco Bardicchia, Mauro Mancuso, Sauro Testi, Anna Domenichelli, Claudio Lucii, Michele Travi, Daniel De Wet e Francesco Mennini.

I percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) costituiscono oggi, insieme alle Linee guida, strumenti del governo clinico che consentono di definire standard assistenziali e di appropriatezza.

Il Piano Nazionale di Azioni per la Salute Mentale indica percorsi di cura relativi a quattro raggruppamenti patologici, tra cui i disturbi schizofrenici, e recentemente la Regione Toscana ha adottato le “linee di indirizzo per l’identificazione precoce dei disturbi schizofrenici e dei soggetti a rischio di psicosi in una visione preventiva integrata con i servizi per l’infanzia e l’adolescenza”. I PDTA tengono conto della gravità psicopatologica e della compromissione funzionale e sono differenziati per fasi di malattia; si declinano considerando: la centralità del paziente, la personalizzazione degli interventi, l’integrazione multi professionale, la pratica basata sull’Evidence Based Medicine ed il miglioramento continuo della qualità.

La nuove acquisizioni della ricerca e le buone pratiche dei servizi devono

quindi produrre azioni sinergiche che tengano a mente la complessità dei

disturbi schizofrenici, sia relativamente alla necessità di integrare gli interventi (psicofarmacologici, psicologici e sociali), sia alla necessità di utilizzare in modo appropriato i diversi contesti di cura (dal SPDC, alla comunità terapeutica ai contesti naturali di vita), sia alla necessità di dare risposte all’utente ed anche al suo gruppo familiare.

Attenzione particolare deve inoltre essere posta alla possibilità di intervenire su specifiche compromissioni del funzionamento, quali la sfera della cognizione sociale, che inficiano la capacità di sviluppare efficaci relazioni interpersonali e conseguentemente la possibilità di partecipazione sociale.

La complessità dell’approccio alla schizofrenia coinvolge indubbiamente

l’organizzazione dei servizi (ad esempio nel dare risposte specifiche e appropriate alle situazioni di rischio ed esordio), ma più in generale coinvolge l’intera comunità che deve necessariamente essere sensibilizzata e resa competente a riconoscere, ma soprattutto ad accogliere, le situazioni di disagio, favorendo percorsi di capacitazione e partecipazione sociale (ad esempio valorizzando esperienze eccellenti come quelle dei patti territoriali per la salute mentale). Infine, fattore etico e di appropriatezza, si devono considerare anche gli aspetti correlati all’economia dei trattamenti, poiché in un’epoca di generale riduzione delle risorse è opportuno ottimizzare gli interventi finalizzati a prevenire e ridurre la disabilità.

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