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25 maggio: la notte in cui Arezzo continuò a resistere. Si riaccendono i fuochi sulle montagne

La sezione provinciale di Anpi ha organizzato un evento corale che coinvolgerà tutte e quattro le vallate dell'Aretino: 16 i proiettori luminosi che si azioneranno

Per 10 anni è stata la Brigata Partigiana XXV maggio a non far spegnere i fuochi della memoria. Dal 2013, ogni 25 maggio, dalle pendici dell’Alpe di Poti luci rosse hanno rischiarato la notte di Arezzo tenendo vivo il ricordo di una delle azioni più rivoluzionarie della storia contemporanea. Un momento dal grande significato e un omaggio alla Resistenza e al sacrificio degli uomini e donne che hanno dato la vita per liberare la nazione dall’oppressione nazifascita.

Quest’anno, la sezione provinciale di Anpi ha deciso di organizzare per la prima volta un evento corale dove, ad accendersi non saranno soltanto i crinali del comune di Arezzo. Sono 16 i siti identificati dall’associazione dove verranno azionati dei potenti proiettori che andranno a ricordare quegli stessi fuochi accesi in risposta al decreto della Repubblica di Salò che stabiliva la pena di morte per gli appartenenti a bande armate e l’impunità per chi si fosse consegnato.

Alle 22.15 l’Alpe di Sant’Egidio a Cortona, i monti Rognosi della Valtiberina, l’Alpe di Poti, Lignano, l’Alpe di Catenaia, Civitella in Valdichiana, San Pancrazio, Monte Dominici a Cavriglia, Poggio alla Croce a Figline-Incisa Valdarno, Secchieta a Reggello, Monte Cocollo,, il Pratomagno, La Beccia-de La Verna, Camaldoli, il passo della Calla e monte Pomponi a Pratovecchio-Stia si illumineranno.

L’evento, “Fuochi sull’Appennino” gode del patrocinio della Regione Toscana e della Provincia di Arezzo.

25 maggio 1944

Era il 15 maggio del 1944 quando le autorità nazifasciste emisero, anche ad Arezzo, un’ordinanza intimando a coloro che possedevano armi di consegnarsi da lì a dieci giorni. L’ordinanza, che prometteva di avere salva la vita, aveva però lo scopo di disarmare i partigiani e le bande organizzate della Resistenza. Ma quella breve nota, pubblicata da tutte le prefetture d'Italia, altro non ottenne che infiammare, letteralmente, ancora di più i movimenti partigiani. Alla scadenza indicata non solo nessuno si presentò ma vennero accesi tantissimi fuochi su tutto l'Appennino per dimostrare che coloro che combattevano per la libertà non avevano nessuna intenzione di arrendersi. Arezzo, ovviamente, rispose presente. 

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