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Turisti e troupe che sbagliano paese. Ipotesi referendum per cambiare nome in Castiglion Aretino

Posizioni diverse e ricerche storiche. Alla fine con un referendum ci potrebbe essere la scelta definitiva

Prosegue il dibattito intorno alla proposta di modificare il nome di Castiglion Fiorentino in Castiglion Aretino, suggerita nei giorni scorsi dal sindaco Mario Agnelli. Una discussione inizialmente accolta nelle pagine del Corriere di Arezzo e quindi dilagata in quelle dei social network. 

Tutto è iniziato dopo che una troupe televisiva interessata a un caso di cronaca nera, accaduto a Castelfiorentino, è giunta erroneamente all’ombra del Cassero. Non è la prima volta, infatti, che il centro della Va di Chiana aretina viene confuso con il comune in provincia di Firenze, ma quest’ultimo episodio ha fatto riflettere il primo cittadino, e non solo lui, sull’opportunità, nel nuovo millennio, di mantenere una denominazione che continua a confondere anche i turisti un po’ distratti che giungono in Toscana. 

Tra i castiglionesi ci sono stati subito quelli favorevoli alla trasformazione, che eliminerebbe ogni  equivoco e restituirebbe una collocazione geografica corretta al luogo, nel contesto regionale e del Centro Italia. Altri hanno proposto il nome Castiglion della Chiana per uniformarlo a comuni della vallata come Foiano, Marciano e Civitella che hanno adottato in passato questa soluzione, altri ancora hanno suggerito di utilizzare il generico “Castiglioni”, usato da sempre nella vulgata popolare. 

Tuttavia si è assistito anche alla levata di scudi di coloro che si oppongono all’idea, considerando l’attuale nome ormai storicizzato. Poi ci sono quelli intimoriti dalle lungaggini burocratiche e dai costi che comporterebbe il cambiamento. Altri, infine, sostengono che la denominazione Castiglion Aretino non era realmente radicata, perché giunta solo dopo l’occupazione militare di Arezzo di inizio Trecento, come il successivo Castiglion Perugino del 1345 e il definitivo Castiglion Fiorentino del 1384.

A sconfessare quest’ultimo aspetto è intervenuto lo storico Santino Gallorini, apprezzato conoscitore del territorio. “Castiglione era citato come ‘Aretino’ già prima del 1000, quando ancora il Comune di Arezzo era di là da venire – scrive Gallorini. – La denominazione era legata all'appartenenza alla Diocesi di Arezzo, così come Castiglione Chiusino, l’odierno Castiglione del Lago, che prendeva il nome per l'appartenenza alla Diocesi di Chiusi. Essendo vicini e sulla stessa strada per Roma, si rese necessaria la precisazione."

Ancora Gallorini ha sciorinato una serie di esempi che ribadiscono quanto da lui affermato.  “Nel 996-997 Ottone III donò alla Chiesa di San Donato la ‘curtem de Castellione aritino cum silva Broilo’. Nel 1014 L’Abbazia di Farneta riceve la conferma delle sue proprietà, tra le quali ‘Ecclesiam Sancti Georgii in Castellione Aretino’. Nel 1052 Enrico II conferma alla Chiesa Aretina quanto donato da Ottone III: ‘curtem de Castellione aritino’. Nel 1198, nell’ambito della pace tra Arezzo e Perugia, si nomina ‘Castilione Aretino’ e nel 1214, durante la firma della pace tra aretini e castiglionesi, si scrive ancora ‘Castillione Aretino’. Questi sono i primi documenti in cui si parla esplicitamente di Castiglion Aretino”

Difatti il toponimo è stato utilizzato per gran parte del basso medioevo e anche dopo la definitiva caduta di Arezzo e del suo territorio sotto Firenze del 1384, fase in cui ci fu ufficialmente la trasformazione in “Castiglion Fiorentino”, si continuò a dire e scrivere “Castiglion Aretino” almeno fino al XVII secolo. Era così nella maggior parte dei documenti privati ed ecclesiastici, ma era così anche nelle mappe geografiche e nei libri, come confermano alcuni esempi celebri.

Nella sua “Mappa della Valdichiana” realizzata tra il 1502 e il 1503, Leonardo da Vinci scrive “Castiglion Aretino”. Nelle edizioni del 1550 e 1568 del fondamentale testo “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori”, parlando di artisti attivi nella zona come Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli, Giorgio Vasari utilizza ovunque la forma “Castiglion Aretino”. Nelle “Mappa del Granducato di Toscana”, commissionata dalla Compagnia delle Indie Orientali ai fratelli cartografi Joan e Cornelius Blaeu intorno alla metà del Seicento, il luogo è ancora nominato come “Castiglion Aretino”.

Se poi consultiamo le relazioni delle visite pastorali nel vasto territorio diocesano, quando le chiese citate sono in territorio castiglionese si usano sempre le formule “Castiglione” o “Castiglion Aretino”, almeno fino al XVII secolo. Le visite del vescovo Pietro Usimbardi, in carica fino al 1611, ne sono una prova.

Questi e molti altri sono esempi per ribadire che la proposta di Agnelli ha un fondamento prima di tutto geografico, ma anche storico. Da osservatori esterni, come già scritto in altra sede, possiamo solo suggerire di esaminare l’idea attraverso un serio confronto in sede politica, coinvolgendo il tessuto economico, sociale e culturale castiglionese. Un referendum, come è successo di recente in altri luoghi d’Italia dove ci sono state fusioni tra comuni o cambi di nome, potrà infine dare una risposta definitiva.

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