"La scuola, la didattica a distanza e i nostri figli penalizzati", lettera aperta di una madre
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una mamma aretina alle prese con il figlio che segue le lezioni anche con la didattica a distanza. Una testimonianza genuina che racconta come i giovanissimi (e le loro famiglie) stiano vivendo questo delicato e complesso momento.
Per un fortuito caso del destino (e dell’incuria di un adolescente) il giorno prima dell’inizio delle scuole, il telefono di mio figlio ci ha abbandonati, così all’improvviso, senza un apparente motivo che non fosse, sicuramente, l’abuso.
Per non lasciarlo senza nell’unico momento in cui un adolescente ha una necessità effettiva dell’infernale aggeggio, quella della chat di classe e della consultazione del registro elettronico, gli ho dato il mio vecchio iPhone. Ora chi è pratico di questo oggetto sa bene che senza un account il telefono è inutilizzabile, quindi inserendo la sua scheda, mio figlio ha preso a prestito il mio. In realtà è stata una condivisione; lui ha ereditato tutti i miei contatti e le mie chat e io tutte le foto provenienti dal suo whatsapp.
La prima settimana di scuola va benissimo; sveglia all’alba e arrivo a scuola alle 7,50 in modo da potersi finalmente ritrovare dopo sette lunghi mesi di isolamento a confrontarsi, ridere e scherzare tutti insieme. Naturalmente distanziati e mascherinizzati come Covid comanda.
La seconda settimana già si comincia a cambiare; l’orrida DaD (didattica a distanza) torna ad affacciarsi nelle classi; un giorno a settimana a rotazione. Due giorni a settimana una volta al mese. Naturalmente mio figlio si becca proprio la settimana con due giorni di DaD; “yuhu!” Dice lui. “Mah...” Esclamo io.
Alla fine della seconda settimana arrivano le nuove disposizioni anti Covid della direttrice; didattica a distanza un giorno sì e uno no, settimane a giorni pari e settimane a giorni dispari.
“Wahoo!!!” Grida lui “ Ma porc...” Ribatto io.
Stamattina incrociandomi per un nanosecondo con il mio adolescente in bagno, mi fa;
- Mamma io con questa alternanza di scuola e didattica a distanza non ci capisco più niente, non riesco a concentrarmi e entrare nell’ordine di idee della scuola. O c’è scuola o non c’è! Così mi sento in una centrifuga!
Obiettivamente comprensibile direi, considerato il fatto che per la prima volta da quando è stato creato il mondo, i ragazzi non vedevano l’ora di tornare a scuola!
Ora, vi ricordate la storia del telefonino e delle fotografie condivise?
Ecco, nelle mattinate di DaD il mio archivio fotografico si riempie degli screenshots che si scambiano nella chat di classe durante le lezioni (ho controllato personalmente il cellulare di Lorenzo); video TikTok, istantanee degli esercizi fatti (dicesi copiare) e di un gioco che non riconosco.
Signora Ministra, signor provveditore, signori Presidi, ma davvero non c’è un altro modo di fare scuola in questa emergenza che non comporti sempre un penalizzare gli studenti? Davvero li riteniamo tutti dei minus habens che non hanno compreso la difficoltà del momento e le loro responsabilità? Davvero pensiamo che il virus circoli indisturbato nelle scuole, ma che abbia pudore a farsi vedere negli autobus, nelle piazze affollate e negli stadi?
Katia Isacchi