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Banca Etruria deve essere venduta improrogabilmente, ma non si sa entro quando!

Banca Etruria deve essere venduta, ed improrogabilmente pena disgrazie inenarrabili, ma non si sa entro quando. Ormai tutta la vicenda sarebbe utilizzabile per il canovaccio di una commedia all’italiana, se non fosse un dramma che coinvolge le...

Banca Etruria deve essere venduta, ed improrogabilmente pena disgrazie inenarrabili, ma non si sa entro quando. Ormai tutta la vicenda sarebbe utilizzabile per il canovaccio di una commedia all’italiana, se non fosse un dramma che coinvolge le famiglie dei risparmiatori espropriati e dei dipendenti delle banche coinvolte. Pare infatti che spirato il trenta di settembre il termine, naturalmente improrogabile, per la vendita di Nuova Banca Etruria la Commissione europea, o chissà chi altro, avrebbe fissato un altro termine che però non viene comunicato, ammesso che esista.

Perché? Mistero. Se la memoria non ci tradisce anche quando venne superato il precedente temine della fine di aprile, anch’esso va da sé improrogabile, per qualche tempo qualche testa quadrata ritenne opportuno tenuta celata la successiva data del trenta di settembre, ammesso che sia mai esistita, nel tremebondo silenzio del Governo. Poi qualcuno si rese finalmente conto che un tale atteggiamento, oltre che arrogante ed illegittimo, era anche ridicolo e il segreto si dissolse. Pur essendo sicuramente per gli addetti ai lavori l’ennesimo segreto di Pulcinella, forse non era e non è noto alla Commissione europea e al Governo che è obbligatorio mettere la data di scadenza anche nei vasetti degli yogurt.

Poi anche volendo sorvolare per carità di Patria sugli innumerevoli passi falsi del Governo, l’ultimo dei quali in ordine di tempo la bocciatura da parte della Corte dei Conti della bozza di regolamento del fantasmagorico arbitrato, sul fatto che la procedura di vendita della Nuova Banca Etruria e delle altre tre banche stia zoppicando vistosamente non sembra che ci possano essere particolari dubbi.

Così come non ci possono essere dubbi sull’amara constatazione che l’obbiettiva situazione di incertezza alla quale sono costrette le quattro banche, unitamente al continuo peggioramento della situazione economica, le danneggi. Situazione di incertezza forse anche alimentata ad arte visto che, oltre alla sonora fesseria di non rendere nota un’altra volta la data entro la quale le banche dovrebbero essere vendute, circolano articoli di giornale nei quali si adombra tra le righe anche la possibilità, seppur come extrema ratio, della liquidazione.

Poi anche le notizie che pervengono da una parte significativa dal sistema bancario nazionale non inducono in ottimismo. La stampa parla apertamente dell’ipotesi di 3.500 licenziamenti su 10.000 dipendenti nelle grandi banche venete. Speriamo che sia una ipotesi sciagurata ed irrealizzabile. Ma potrebbe anche essere un primo passo, il classico sasso nella piccionaia per vedere che effetto fa, per una iniziativa che si inabissa per settimane o mesi per poi riemergere al momento opportuno con dirompente efficacia. Metodo che se nessuno fa niente per impedirlo, potrebbe essere esportato anche in altre zone d’Italia. Non dobbiamo meravigliarci: sino ad un anno fa pochissime persone in Italia avrebbero ipotizzato l’esproprio dei risparmi investiti nelle obbligazioni subordinate e nelle azioni delle banche. E chi lo faceva veniva liquidato con sorrisetti di sufficienza.

Quindi ci possiamo aspettare di tutto, visto che il Governo non pensa neppure alle ipotesi di intervento utilizzate in tutto il mondo occidentale, Germania in primis. Cioè all’intervento pubblico. Una cosa è certa e la vogliamo ribadire. Dopo il dramma dell’esproprio dei risparmi di incolpevoli famiglie, Lorsignori non si illudano di fare da queste parti macelleria sociale. Meglio dire, di fare altra macelleria sociale.

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