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Bocca di dama. Il dessert soffice, dolce e delicato come il bacio di una fanciulla

La ricetta di questo dolce è antichissima. Se ne hanno tracce già a partire dal 18esimo secolo ed intreccia le tradizioni di più province e più culture

  • Categoria

    Dessert
  • Difficoltà

    Facile
  • Tempo

    2 ore
  • 350 grammi di zucchero
  • 350 grammi di mandorle dolci spellate
  • 12 uova
  • 1 cucchiaio di amido di mais

Procedimento

Sbattete a lungo i tuorli con lo zucchero (almeno un'ora) fino a che non avrete una crema chiarissima e ben montata. Montate sei delle 12 chiare a neve fermissima. La parte non montata la potrete conservare in frigorifero fino al termine della preparazione. Alle chiare montate unitevi le mandorle precedentemente triturate con un pesto o un mixer, e i tuorli con lo zucchero. Imburrate una teglia, metteteci l'impasto e cuocete in forno preriscaldato a 180° per circa 25 minuti. Coprite la torta con l'alluminio, per evitare che la superficie diventi troppo scura, e cuocete per altri 10 minuti. Trascorso questo tempo sfornatela e lasciatela raffreddare su di una gratella da pasticcere. Montate gli ultimi albumi, lavorandoli a crema con lo zucchero a velo. Ricoprite la superficie con la crema, decorate con le mandorle a lamelle.

La ricetta

Albergotti già nel 1717 riporta la ricetta della Bocca di dama in uno dei sui manoscritti descrivendo un soffice dolce delicato come le labbra di una fanciulla. In realtà però, questo dessert ha origini antichissime che si intrecciano con la tradizione aretina, senese, fiorentina e ebraica. La ricetta che proponiamo solitamente viene realizzata nel periodo pasquale. I motivi? Semplice, ha tante uova e nessuna presenza di lieviti. Come riportato negli ingredienti, la sua realizzazione richiede l’impiego di ben 12 uova che dovranno essere lavorate in maniera differente e armoniosa. E’ facilmente comprensibile come, soprattutto per le fasce di popolazione più povere e dedite al lavoro nei campi, tale quantità di uova era reperibile solo nel periodo pre pasquale momento dell’anno in cui la tradizione cristiana impone penitenze e digiuni. Nella cultura locale si trovano tracce di questo dessert soprattutto all'interno dei conventi femminili. Si narra infatti che le monache benedettine di Arezzo fossero maestre nella sua esecuzione e che sfornassero deliziose torte pronte per essere mangiate dai più poveri oppure commercializzate. Ma la Bocca di dama viene apprezzata e preparata anche da molti ebrei. Nell'epoca in cui Albergotti dà conto della ricetta, a Monte San Savino e ad Arezzo sono presenti comunità ebraiche piuttosto popolose. Durante la Pesach (pasqua ebraica ndr) il dolce alle mandorle veniva - e viene ancora oggi - proposto in tutta la sua bontà e semplicità. Trattandosi di una pasta non lievitata infatti, può essere proposta anche in menù giudaici. Una ricetta antichissima e gluten free dato che nel procedimento tradizionale non viene previsto l'impiego della farina. Laddove invece si vuole inserire un addensante è consigliabile preferire l'amido di mais che risulta meno invasivo, più leggero e altamente digeribile.

(ClaFa)

Un calice in abbinamento 

Un buon abbinamento è senz’altro con il Moscadello di Montalcino Doc, versione Tranquillo (cioè fermo), o magari Frizzante a seconda del grado di pastosità del piatto. Un vino da bere giovane, a differenza della Vendemmia Tardiva che può offrire dopo anni il meglio di sé. Veste giallo paglierino che vira verso l’oro, ha una dolcezza che ben si sposa con l’amaricante delle mandorle. Fine e persistente, ha la giusta freschezza e saporosità per bilanciare un piatto dotato di una certa grassezza.

(Matt.Cial.)

Albergotti già nel 1717 riporta la ricetta della Bocca di dama in uno dei sui manoscritti descrivendo un soffice dolce delicato come le labbra di una fanciulla. In realtà però, questo dessert ha origini antichissime che si intrecciano con la tradizione aretina, senese, fiorentina e ebraica. La ricetta che proponiamo solitamente viene realizzata nel periodo pasquale. I motivi? Semplice, ha tante uova e nessuna presenza di lieviti. Come riportato negli ingredienti, la sua realizzazione richiede l’impiego di ben 12 uova che dovranno essere lavorate in maniera differente e armoniosa. E’ facilmente comprensibile come, soprattutto per le fasce di popolazione più povere e dedite al lavoro nei campi, tale quantità di uova era reperibile solo nel periodo pre pasquale momento dell’anno in cui la tradizione cristiana impone penitenze e digiuni. Nella cultura locale si trovano tracce di questo dessert soprattutto all'interno dei conventi femminili. Si narra infatti che le monache benedettine di Arezzo fossero maestre nella sua esecuzione e che sfornassero deliziose torte pronte per essere mangiate dai più poveri oppure commercializzate. Ma la Bocca di dama viene apprezzata e preparata anche da molti ebrei. Nell'epoca in cui Albergotti dà conto della ricetta, a Monte San Savino e ad Arezzo sono presenti comunità ebraiche piuttosto popolose. Durante la Pesach (pasqua ebraica ndr) il dolce alle mandorle veniva - e viene ancora oggi - proposto in tutta la sua bontà e semplicità. Trattandosi di una pasta non lievitata infatti, può essere proposta anche in menù giudaici. Una ricetta antichissima e gluten free dato che nel procedimento tradizionale non viene previsto l'impiego della farina. Laddove invece si vuole inserire un addensante è consigliabile preferire l'amido di mais che risulta meno invasivo, più leggero e altamente digeribile.

(ClaFa)

Un calice in abbinamento 

Un buon abbinamento è senz’altro con il Moscadello di Montalcino Doc, versione Tranquillo (cioè fermo), o magari Frizzante a seconda del grado di pastosità del piatto. Un vino da bere giovane, a differenza della Vendemmia Tardiva che può offrire dopo anni il meglio di sé. Veste giallo paglierino che vira verso l’oro, ha una dolcezza che ben si sposa con l’amaricante delle mandorle. Fine e persistente, ha la giusta freschezza e saporosità per bilanciare un piatto dotato di una certa grassezza.

(Matt.Cial.)

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