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Agnello all'aretina: una ricetta pasquale antica come Mosé

Perché la tradizione cattolica e quella ebraica prevedono il consumo di carne d'agnello il giorno di Pasqua? Per scoprirlo dobbiamo tornare indietro di qualche tempo

  • Categoria

    Secondo
  • Difficoltà

    Facile
  • Tempo

    90 minuti
  • Carne di agnello
  • Rigatino
  • Lardo
  • Aglio
  • Salvia
  • Rosmarino
  • Finocchio selvatico

Procedimento

Inserite all'interno delle parti più polpose della carne, facendo delle piccole incisioni con un coltello, con salvia, rosmarino e lardo. Successivamente massaggiate l'intero pezzo con sale e pepe e disponete alcune fette di rigatino all'esterno in modo da ricoprire tutta la superficie. Infine cospargete ambo i lati con del finocchio selvatico. Adagiato il preparato su una teglia abbastanza capiente, oliate il tutto ed infornate a 200° circa.
La cottura durerà per circa un'ora. Controllatene l'andamento ungendo la carne con il grasso rilasciato nella teglia.

La ricetta

Una volta, il giorno di Pasqua veniva festeggiato servendo in tavola un agnello (o capretto in base alle disponibilità del momento) intero. Una quantità generosa che sarebbe stata consumata da numerosi commensali riuniti attorno alla tavola. Oggi, ovviamente, benché le festività rappresentino sempre un momento di ritrovo per le famiglie (fa eccezione la Pasqua 2020, vista l'emergenza sanitaria in atto), le dosi sono decisamente più contenute. I più audaci optano per metà agnello mentre, nella stragrande maggioranza dei casi, in forno finisce un quarto dell'animale. La tradizione gastronomica che, in questo periodo dell'anno si intreccia fortemente con quella religiosa, rende quasi scontato proporre questa pietanza in questo giorno.

Ma quella dell’agnello pasquale è una tradizione che affonda le radici molto lontano. Simbolo sacrificale per eccellenza, per la religione cristiana rappresenta Gesù Cristo (l’Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo). Significato simile, ma differente nella sostanza, assume anche nella simbologia ebraica. La Pèsach (Pasqua in ebraico, ovvero "passaggio") celebra la liberazione del popolo di Israele dall’Egitto. Il giorno prima di questo storico evento, stando agli annali, un agnello venne immolato come offerta. Celeberrimo anche il richiamo all'episodio dell’Antico Testamento dove Dio, dopo aver annunciato a Mosé e Aronne la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù, ordinò che tutte le famiglie si procurassero un agnello per marcare con il suo sangue gli stipiti delle porte ed evitare così il terribile castigo che aspettava i primogeniti d’Egitto. Un simbolo di sacrificio, ma anche di salvezza.

(ClaFa)

Un calice in abbinamento

Siamo di fronte a una preparazione complessa e robusta, anche se l'agnello, a differenza di quella della pecora adulta, è bianca, ricca di proteine e povera di grassi. La carne ha molta succulenza, c'è l'aromaticità delle erbe e del rigatino, un po' d'amarognolo per via della rosolatura e un po' d'untuosità legata ai grassi aggiunti (lardo). Servono ottimi tannini, una buona freschezza e uno spettro aromatico importante, ma non c'è necessità di eccessiva morbidezza. Un vino d'annata è preferibile. Un'ottima combinazione può essere con un grande rosso della Val di Cornia Docg, denominazione a cavallo tra le province di Livorno e Pisa a base sangiovese, un vino dalle spalle robuste, ma di grande beva e che profuma di macchia mediterranea.

Mat.Cial.

Una volta, il giorno di Pasqua veniva festeggiato servendo in tavola un agnello (o capretto in base alle disponibilità del momento) intero. Una quantità generosa che sarebbe stata consumata da numerosi commensali riuniti attorno alla tavola. Oggi, ovviamente, benché le festività rappresentino sempre un momento di ritrovo per le famiglie (fa eccezione la Pasqua 2020, vista l'emergenza sanitaria in atto), le dosi sono decisamente più contenute. I più audaci optano per metà agnello mentre, nella stragrande maggioranza dei casi, in forno finisce un quarto dell'animale. La tradizione gastronomica che, in questo periodo dell'anno si intreccia fortemente con quella religiosa, rende quasi scontato proporre questa pietanza in questo giorno.

Ma quella dell’agnello pasquale è una tradizione che affonda le radici molto lontano. Simbolo sacrificale per eccellenza, per la religione cristiana rappresenta Gesù Cristo (l’Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo). Significato simile, ma differente nella sostanza, assume anche nella simbologia ebraica. La Pèsach (Pasqua in ebraico, ovvero "passaggio") celebra la liberazione del popolo di Israele dall’Egitto. Il giorno prima di questo storico evento, stando agli annali, un agnello venne immolato come offerta. Celeberrimo anche il richiamo all'episodio dell’Antico Testamento dove Dio, dopo aver annunciato a Mosé e Aronne la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù, ordinò che tutte le famiglie si procurassero un agnello per marcare con il suo sangue gli stipiti delle porte ed evitare così il terribile castigo che aspettava i primogeniti d’Egitto. Un simbolo di sacrificio, ma anche di salvezza.

(ClaFa)

Un calice in abbinamento

Siamo di fronte a una preparazione complessa e robusta, anche se l'agnello, a differenza di quella della pecora adulta, è bianca, ricca di proteine e povera di grassi. La carne ha molta succulenza, c'è l'aromaticità delle erbe e del rigatino, un po' d'amarognolo per via della rosolatura e un po' d'untuosità legata ai grassi aggiunti (lardo). Servono ottimi tannini, una buona freschezza e uno spettro aromatico importante, ma non c'è necessità di eccessiva morbidezza. Un vino d'annata è preferibile. Un'ottima combinazione può essere con un grande rosso della Val di Cornia Docg, denominazione a cavallo tra le province di Livorno e Pisa a base sangiovese, un vino dalle spalle robuste, ma di grande beva e che profuma di macchia mediterranea.

Mat.Cial.

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