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Cronaca

L'inchiesta Keu scuote il settore orafo: "Scarti delle lavorazioni dei preziosi interrati insieme a quelli delle concerie"

L'ipotesi della procura distrettuale antimafia: "Due aziende aretine coinvolte: hanno fatto confluire ingenti quantitativi di scorie pericolose, prodotte a conclusione del proprio ciclo produttivo, presso l'impianto di Bucine (Arezzo), ove erano miscelate proprio al suddetto Keu"

L'inchiesta "Keu" si è allargata e la stoccata della Procura distrettuale antimafia ha raggiunto il settore orafo aretino. Le indagini sono state chiuse e nuovi avvisi di garanzia sono stati inviati: alcuni di questi sono collegati a due aziende della provincia che si occupano di gestione dei rifiuti del comparto orafo argentiero.

Stando alle prime informazioni, infatti, durante l'inchiesta sarebbero emersi elementi che farebbero configurare "ulteriori illeciti commessi da nuovi indagati, collegati ad altre due aziende della provincia di Arezzo, attive nella gestione dei rifiuti provenienti dalle lavorazioni auro-argentifere, le quali, analogamente a quanto emerso per l'illecita gestione del rifiuto Keu, proveniente dal comparto conciario pisano, avrebbero fatto confluire ingenti quantitativi di scorie pericolose, prodotte a conclusione del proprio ciclo produttivo, presso l'impianto di Bucine (Arezzo), ove erano miscelate proprio al suddetto Keu per poi essere interrate o destinate a siti esterni con modalità non consentite". Ad affermarlo in una nota ribattuta da Adn Kronos è la stessa procura distrettuale antimafia. 

Una ipotesi inquietante che apre nuovi scenari che potrebbero dare uno scossone all'intero settore trainante dell'economia aretina. 

I nuovi avvisi di garanzia

Ma a che punto era l'inchiesta? Proprio nella giornata di oggi sono stati predisposti due avvisi di conclusione delle indagini preliminari nell'ambito dei due procedimenti tra loro collegati - inchiesta Calatruria e inchiesta Keu (dal nome dell'inerte finale derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli). Due filoni di indagine che avrebbero fatto emergere anche il legame tra 'ndrangheta e imprenditori indagati. Il prossimo passo della procura distrettuale antimafia sarà la richiesta di rinvio a giudizio che - stando a quanto riporta AdnKronos - interesserà 12 indagati nel primo procedimento e 26 indagati nel secondo.

Calatruria

L'inchiesta Calatruria, "caratterizzata da novità sotto il profilo delle emergenze investigative per il distretto toscano", come precisa il procuratore aggiunto distrettuale antimafia Luca Tescaroli in un comunicato, si è conclusa con 12 indagati, fra i quali, "soggetti appartenenti alla cosca 'ndranghetista Gallace di Guardavalle, imprenditori anche collegati a detta articolazione mafiosa e di un dipendente regionale".

Tescaroli afferma che le indagini hanno permesso di scoprire "una propaggine 'ndranghetista in fase di consolidamento, con individuazione della presenza sul territorio di esponenti di tale struttura mafiosa, proiettata a generare un regime di monopolio illecito nel trasporto degli inerti nella zona del Valdarno aretino, nonché di ricostruire l'impiego del metodo mafioso nella commissione di un'estorsione ai danni di un imprenditore di origine calabrese e in plurimi reati di illecita concorrenza con minaccia e violenza, finalizzati a estromettere e/o assoggettare alle proprie strategie commerciali gli altri imprenditori locali. In tale contesto è stata delineata anche un'ipotesi di corruzione". Nell'ambito di questo procedimento nell'aprile del 2021 erano state emesse cinque misure cautelari custodiali (quattro in carcere e una agli arresti domiciliari). L'impostazione accusatoria sarà oggetto di vaglio nelle successive fasi processuali.

Keu 

L'inchiesta Keu si è conclusa nei confronti di 26 indagati, tra "imprenditori anche collegati all'articolazione 'ndranghetista dei Gallace di Guardavalle, esponenti politici e dirigenti di enti pubblici" e di 6 persone giuridiche.

Il secondo avviso di conclusione delle indagini per l'inchiesta Keu nei confronti dei 26 indagati e di 6 persone giuridiche riguarda "i delitti di associazione a delinquere finalizzata alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e l'inquinamento ambientale, di corruzione anche in materia elettorale e di indebita erogazione di fondi pubblici ai danni della pubblica amministrazione, di falso e di impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari".

La Procura distrettuale antimafia ha mosso, inoltre, "la contestazione in ordine alla responsabilità degli enti per illecito amministrativo da reato commesso dai propri rappresentanti, direttori e preposti". Una parte significativa delle investigazioni ha riguardato la gestione dei rifiuti, specificamente dei reflui e dei fanghi industriali, prodotti nel distretto conciario ubicato tra le province di Pisa e di Firenze.

La Procura ipotizza l'esistenza di un sistema che vede coinvolti l'Associazione Conciatori e i singoli consorzi, "consapevoli, nell'ambito del rispettivo ruolo, dal conferitore allo smaltitore dei rifiuti prodotti, di far parte di un circuito collaudato e strutturato, tanto che i soggetti di vertice di quello che appare essere un 'sistema' figurano anche nelle compagini societarie o amministrative delle società coinvolte".

"Il comparto industriale della concia delle pelli - spiega il procuratore aggiunto Tescaroli - rappresenta un settore di particolare impatto ambientale la cui gestione illecita provoca conseguenze in termini di contaminazione dei siti e dei corpi ricettori nei quali vengono recapitati gli scarichi e dei suoli nei quali vengono riutilizzati i rifiuti, fittiziamente recuperati o sottoposti a procedure di gestione insufficienti. Gli esiti investigativi inducono a ritenere che il meccanismo costruito che avrebbe dovuto assicurare un riciclo praticamente totale dei rifiuti prodotti dal comparto, con un conferimento in discarica sostanzialmente residuale, di fatto non raggiunge il risultato di ottenere un ciclo che recupera i rifiuti efficacemente e lecitamente".

"Alla stregua dell'ipotesi investigativa, il peso economico del comparto associativo menzionato ha consentito ai suoi referenti di avere contatti diretti che vanno oltre i normali rapporti istituzionali con esponenti politici e amministrativi di più Enti Pubblici territoriali, che a vario titolo hanno agevolato in modo sostanziale il sistema", osserva sempre il procuratore Tescaroli.

Nel corso del mese di aprile 2021 erano state eseguite sei misure di custodia cautelare (una in carcere e cinque agli arresti domiciliari) e sette misure cautelari di interdizione dall'attività imprenditoriale (eseguite simultaneamente con quelle di cui al primo procedimento), due sequestri preventivi di impianti di gestione di rifiuti e un provvedimento di sequestro per equivalente per oltre 20 milioni di euro, che sono stati confermati in sede di gravame.

Il legame tra Keu e settore orafo

In una nota la Procura distrettuale antimafia delinea quelli che sarebbero i legami tra il settore conciario e quello orafo:  le indagini sui due fronti "sono risultate connesse in quanto entrambi i flussi dei rifiuti contaminati avevano una medesima destinazione verso lo stesso impianto di produzione di materiali inerti venduti poi come materie prime".

L'indagine, infatti, ha consentito di scoprire una prassi particolarmente insidiosa: "quella di declassificare i rifiuti pericolosi e le ceneri dei fanghi di depurazione contaminati, facendoli figurare come se fossero rifiuti recuperabili nella lavorazione di materiali inerti per l'edilizia, così da consentire un occultamento dei rifiuti più inquinanti provenienti dal comparto conciario (ceneri contaminate da elevatissime concentrazioni di cromo) e dal comparto orafo (fanghi cancerogeni ed ecotossici contaminati da arsenico, boro, selenio) e causare anche gravi eventi di inquinamento ambientale, essendo quei rifiuti ceduti a terzi ignari e utilizzati come materie prime in terreni agricoli, in fondazioni per attività edilizie residenziali, in ripristini ambientali, in opere infrastrutturali, quali strade e aeroporti".

Secondo il procuratore aggiunto Luca Tescaroli, "la gravità dei fatti contestati emerge anche da preoccupanti risultati delle analisi delle acque di falda che risultano essere state a contatto con tali rifiuti. Naturalmente, l'ipotesi d'accusa dovrà essere vagliata nel prosieguo del procedimento penale".

La Direzione Distrettuale Antimafia fiorentina ha coordinato e svolto le indagini con l'ausilio della Dna e il supporto investigativo di più articolazioni dei Carabinieri di Firenze: Nipaaf del Gruppo Carabinieri Forestali, Comando per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica (Noe), Ros sezione anticrimine, Sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura di Firenze.

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