Contagi sul posto di lavoro: i dati aretini da inizio pandemia
Nell'Aretino, secondo l'Inail, si registrano 403 casi, di cui 306 donne e 97 uomini con un’incidenza del 5,6% sul dato della Regione. Le denunce di infortunio causa Covid-19 sono per il 35,4% dei casi localizzate a Firenze, poi Pisa (11,4%) e Prato (9,9%)
Dall'inizio della pandemia in provincia di Arezzo sono stati registrati dall'Inail 403 casi di contagi sul lavoro causa Covid. A livello nazionale i casi hannosuperato la soglia di 131mila, in questo scenario la Toscana con 7.177 casi rappresenta il 5,5% degli infortuni sul totale nazionale, di questi 5.276 sono donne (73,5%), mentre 1.901 (26,5%) sono uomini. Nell'Aretino, in particolare, si registrano 403 casi, di cui 306 donne e 97 uomini con un’incidenza del 5,6% sul dato della Regione.
Il dettaglio della Toscana, provincia per provincia
Nel dettaglio della rilevazione dell’Inail in Toscana le denunce di infortunio causa Covid-19 sono per il 35,4% dei casi localizzate nella provincia di Firenze con 2.538 infortuni, seguita da quella di Pisa con 817 casi (11,4%), Prato con 711 (9,9%), Lucca con 685 casi (9,5%), Massa-Carrara con 596 casi (8,3%), Pistoia con 521 casi (7,3%), Livorno con 506 casi (7,0%), Arezzo con 403 casi (5,6%), Grosseto con 212 casi (3,0%) e infine Siena con 188 casi (2,6%). Anche in relazione alla popolosità della provincia, pertanto, si può apprezzare come - rispetto ad altre realtà della regione - la situazione aretina non sia particolarmente critica.
Le difficoltà legate alla privacy
Quando si verifica un contagio sul posto di lavoro, c'è un tema di privacy che risulta particolarmente delicato. Sull'argomento intervengono esperti legali: “L’impasse – spiega l’avvocato Irene Pudda di Rödl & Partner, esperta in privacy & labour compliance – è dovuta al fatto che il datore di lavoro non è autorizzato a comunicare ai colleghi il nominativo di un dipendente risultato positivo. L’azienda è tenuta a fornire all’autorità sanitaria locale le informazioni necessarie perché quest’ultima possa assolvere ai compiti previsti dalla normativa emergenziale e, contemporaneamente, ha facoltà di domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali, ma è l’autorità sanitaria locale che ha la potestà di contattare i lavoratori per poi applicare le opportune misure di quarantena.” Il rischio, così facendo, è che le aziende lascino operativi interi reparti o uffici con il pericolo di diffusione del virus, non solo tra i dipendenti che sono stati a contatto diretto con il soggetto contagiato, ma anche tra i loro famigliari e i conoscenti. “Tuttavia non si può fare diversamente – chiarisce il legale –. La procedura è volta a tutelare la privacy del lavoratore risultato positivo al coronavirus. Certo, come è facile immaginare, procedere alla disinfezione della postazione di lavoro, delle attrezzature utilizzate e degli spazi comuni frequentati dal dipendente, domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali, nonché isolare o chiudere gli uffici in cui il dipendente ha lavorato garantendone allo stesso tempo la totale riservatezza è di difficile applicazione.”