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Psicodialogando

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A cura di Barbara Fabbroni

BLOG | Le conseguenze della violenza (fisica, verbale, psicologica, assistita) sui bambini

Oltre alla paura, risulta doloroso e fortemente ambiguo, percepire la tristezza, la disperazione, l’angoscia, il terrore e lo stato di allerta delle vittime di violenza diretta

Il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e Abuso dell’Infanzia definisce la violenza assistita da minori in ambito familiare come “l’esperire da parte del/della bambino/a qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte o minori. Si include l’assistere a violenze messe in atto da minori su altri minori e/o sugli altri membri della famiglia e ad abbandoni e maltrattamenti ai danni di animali domestici. Il bambino può fare esperienza di tali atti direttamente (quando essi avvengono nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore ne è a conoscenza), e/o percependone gli effetti”.

La violenza assistita dunque, è un tipo di maltrattamento psicologico in ambito familiare in cui i minori diventano quotidianamente vittime passive e spettatori inconsapevoli.

La violenza che si svolge sotto i loro occhi può essere fisica, sessuale, psicologica e verbale, può essere agita contro uno o più componenti della famiglia; generalmente le vittime sono la madre e i fratelli.

La violenza assistita è caratterizzata dall’insieme di minacce di abbandono, di violenze, di suicidio che il bambino subisce di frequente da un genitore durante l’episodio di violenza.

Non solo vedere la violenza ha un impatto doloroso, confondente e spaventoso per i bambini, ma lo è anche sapere o solo sospettare che determinate cose avvengano su figure di riferimento significative. Oltre alla paura, infatti, risulta doloroso e fortemente ambiguo, percepire la tristezza, la disperazione, l’angoscia, il terrore e lo stato di allerta delle vittime di violenza diretta. (Luberti, Pedrocco Biancardi, 2005).

Migliaia di bambini assistono in casa a scene di violenza domestica: questa è una delle esperienze più traumatiche che un bambino possa provare, in quanto esiste in loro la paura di perdere uno o entrambi i genitori e di essere a propria volta vittime di abusi e maltrattamenti (De Zulueta, 1999). Tali definizioni indicano come la violenza assistita riguardi non solo ciò che il bambino vede in maniera diretta, ma anche ciò che sperimenta e percepisce in maniera indiretta, avvertendo l’esistenza di un pericolo reale per sé e per le sue figure di riferimento, quali madre e fratelli.

L’accento è dunque posto anzitutto sul “fare esperienza” di una “violenza” subita da un’altra persona. Non è necessario che il minore veda, essendo sufficiente a configurare il maltrattamento, anche il solo ascolto, per esempio da una stanza vicina, o addirittura la conoscenza a posteriori e in via indiretta della violenza, tramite gli effetti fisici, quali lividi e segni sul corpo della persona offesa, oppure oggetti rotti in casa, o tramite gli aspetti psicologici, soprattutto paura e costante tensione.

Un caso estremo di violenza assistita è quello degli orfani di femminicidio: essi subiscono l’omicidio della madre ad opera del padre e perdono nello stesso momento entrambi i riferimenti genitoriali con effetti che per le modalità e la gravità della violenza sono devastanti per la loro esistenza.

La violenza assistita produce nel bambino effetti traumatici di pari intensità a quelli determinati da violenze dirette sulla vittima di violenza diretta. Tra il genitore maltrattato e il minore si crea un rapporto simbiotico in cui non solo quest’ultimo assiste alla scena di violenza ma ne è egli stesso vittima.

“I bambini sono vittime perché sono lì e non accettano di dissociarsi dal genitore preso di mira. Testimoni di un conflitto che non li riguarda, incassano tutta l’ostilità destinata all’altro genitore. [...]. Si tratta di un trasferimento dell’odio e della distruttività.” – (Hirigoyen M.F.).

La letteratura scientifica medica afferma che l’esposizione ripetuta dei bambini alla violenza e ai numerosi conflitti che avvengono all’interno delle mura domestiche tra i genitori produce ripercussioni rilevanti sul benessere psicologico e fisico dei minori, sull’adattamento, sullo sviluppo individuale, relazionale e sull’insorgere di forme di psicopatologie con effetti a breve, medio e lungo termine (Di Blasio, 2000).

È inoltre prevedibile che il bambino ripeta il modello comportamentale acquisito trasformandosi da vittima abusata a sua volta abusante.

La violenza assistita è, infatti, un importante fattore di rischio per la trasmissione intergenerazionale della violenza: le piccole vittime imparano che l’uso della violenza nelle relazioni affettive è normale e che l’espressione di pensieri, sentimenti, emozioni, opinioni è pericolosa, in quanto può scatenare la violenza.

È inevitabile che i bambini che subiscono violenza da parte dei genitori risentano di una varietà infinita di emozioni che li destabilizza e li scuote durante l’infanzia. Il loro approccio in età infantile andrà ad influenzare successivamente le loro abilità sociali, sviluppando da adulti personalità diverse.

Alcuni bambini risponderanno alla violenza subita con atteggiamento molto scontroso, cercando in tal modo di proteggersi attraverso l’isolamento. Di solito questi bambini sono timidi e faticano a socializzare. Sono normalmente molti insicuri e da adulti la situazione può non cambiare troppo, potendo addirittura permettere che altre persone li aggrediscano.

Viceversa, alcuni bambini reagiscono in maniera aggressiva, tentando di far uscire la propria ira aggredendo gli altri nello stesso modo in cui sono aggrediti loro. Da adulto potrebbe diventare una persona molto violenta che fa del male a chi lo circonda, ripetendo lo stesso modello di violenza.

Di solito se i bambini maltrattati sono i fratelli maggiori, essi sviluppano un senso di protezione verso il padre o la madre e i fratelli vittime, crescendo possono diventare adulti che cercano le situazioni di conflitto con l’intenzione di continuare a proteggere.

Come si evince facilmente, un bambino vittima di violenza non è felice. Sarà difficile per lui diventare un adulto sano e realizzato. Non è sempre facile rendersene conto in quanto potrebbe non verificarsi un cambiamento marcato nel comportamento o nel modo di esprimersi, d’altra parte, alcuni cambiamenti possono essere interpretati erroneamente.

Il linguaggio dei bambini è diverso da quello degli adulti. Per capire se il bambino è vittima di violenza, bisogna osservare con attenzione e conoscere bene il suo codice espressivo: molti bambini, per esempio, esprimono tristezza con segni che potremmo considerare stanchezza o rabbia.

I segnali indicatori di un bambino maltrattato vanno cercati nei suoi atteggiamenti frequenti e nella prospettiva che adotta nei confronti di azioni semplici, come mangiare o dormire.

Il minore può mostrare improvvisi sbalzi d’umore, i quali suggeriscono emozioni intensificate. Gli sbalzi d’umore sono del tutto normali, ma se compaiono all’improvviso, indicano instabilità.

Questi cambiamenti sono ancora più rivelatori quando le emozioni coinvolte sono molto intense o contraddittorie tra loro.

Può passare dall’euforia all’estrema introspezione o dalla calma a uno scatto di rabbia.

Alcune volte si può notare uno scarso interesse per il gioco o il dedicarsi ai giochi violenti oppure un’insolita aggressività con i compagni di gioco. Poiché il principale mezzo di espressione per i bambini è il gioco, ovvero l’ambiente in cui si esprimono in modo più autentico, risulta sempre importante essere attenti al modo in cui giocano, al tipo di giochi che attirano la loro attenzione e ai ruoli che assumono in essi. Sicuramente se c’è un segnale inequivocabile del fatto che il bambino è maltrattato, è la mancanza di interesse per il gioco.

In situazioni stressogene, quali le violenze intrafamiliari, talvolta i bambini comunicano il loro malessere tramite il loro livello corporeo: tendono ad ammalarsi più degli altri, infatti a causa del loro umore, il sistema immunitario si debilita e soffrono spesso di infezioni o allergie. Se il bambino si ammala con frequenza insolita è sempre un campanello d’allarme.

Molti genitori tendono a dare importanza solo alle condizioni fisiche, il che in linea di principio è corretto. Tuttavia, è anche necessario valutare l’umore dei figli, in quanto può essere alla base delle loro condizioni.

Altro indicatore da non sottovalutare sono gli incubi e le paure notturne. Si potrebbe dire che tutti a un certo punto li hanno vissuti e, nella maggior parte dei casi, richiedono solo la comprensione e il supporto degli adulti affinché non si ripetano.

Se ciò accade spesso, potrebbe indicare che il bambino ha un conflitto latente che esprime in questo modo.

Infine, l’enuresi, ovvero fare pipì a letto una volta superata la fase dell’uso del vasino, è un altro indizio molto significativo che non va sottovalutato, soprattutto se continua a manifestarsi, con relativa frequenza dopo i 6 anni.

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