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Arezzo Wave, una storia aretina

Nel 1986, grazie a una felice intuizione di Mauro Valenti, nacque Arezzo Wave, un'onda aretina che con la direzione del suo patron, è andata in crescendo fino a diventare quasi oceanica. Si trattava di una kermesse (inizialmente solo musicale)...

Nel 1986, grazie a una felice intuizione di Mauro Valenti, nacque Arezzo Wave, un'onda aretina che con la direzione del suo patron, è andata in crescendo fino a diventare quasi oceanica. Si trattava di una kermesse (inizialmente solo musicale) dove a ingresso gratuito si dava un palco e un pubblico giovane alla musica emergente (nazionale e internazionale) in ambito rock, metal e chi più ne ha più ne metta. L'onda aretina arrivò ad essere ospitata dallo stadio comunale quando le sedi precedenti (come il parco del Prato, per esempio) non erano più sufficienti a ospitare migliaia di spettatori provenienti da ogni dove. Per molti giovani, non soltanto italiani, essere presenti ad Arezzo Wave era diventato quasi obbligatorio. Lì era il centro del loro mondo nei giorni della kermesse.

Nel corso degli anni Arezzo Wave divenne un fenomeno internazionale e riuiscì a coinvolgere le famiglie aretine (e non solo), scegliendo di virare sempre di più verso il pop, passando per Manu Chau, Miriam Makeba, Negrita, Negramaro, Gianna Nannini, gli Avion Travel e così via. Ma nello stesso momento quella scelta ha probabilmente cominciato a minare le fondamenta di un fenomeno che era cresciuto su altro. La poppizzazione di Arezzo Wave servì a raggiungere il massimo delle presenze nelle serate fatte di panini alla salsiccia, birra e mercatino alternativo, oltre che di musica prevalentemente di qualità. Ma si introdussero i primi biglietti da pagare, perché il gigantismo costa caro e anche gli sponsor grandi marche non bastano a coprire le spese. Fu la scelta di far crescere i numeri all'infinito a far ammalare di una malattia subdola, ma inesorabile, Arezzo Wave. Il Love Festival perse pian piano la sua anima e si trasformò sempre di più in una possibile macchina da soldi, ma meno unica di prima, sempre più simile ad altre manifestazioni. Meno fumo e trasgressione, meno sperimentazione (Psyco Wave spostato nel parco del Pionta e poi al centro Affari e Convegni...), apertura alla letteratura con autori anche lì sempre più pop, come i vari Sepulveda, Baricco, Lucarelli, Celestini, Dory Ghezzi, Virzì ecc. strizzavano l'occhio agli estimatori di Jovanotti e Gianni Morandi, Camilleri e Montalban, ma lasciavano l'idea base di Arezzo Wave altrove, nella memoria dei quarantenni di allora.

E poi è cresciuto il bisogno dei soldi pubblici per sostenere il grande circo. Negli anni duemila si è cominciato a parlare di milioni proprio mentre l'onda cominciava a tornare quella del mar Tirreno e poi dell'Adriatico, con comuni e province che vedevano i loro fondi drammaticamente tagliati, sempre meno dedicati agli eventi culturali, Arezzo Wave Love Festival per primo.

E allora grandi giornalate locali in cui Valenti vantava i propri numeri e la notorietà internazionale della sua creatura per motivare esose richieste, mentre comuni e province si dichiaravano possibiliste, a condizione che il loro contributo si limitasse sempre di più alla sola messa a disposizione delle location.

E fu presto rottura con Arezzo. Il festival si spostò prima a Firenze (disgraziata edizione tra polvere e caldo torrido), poi a Livorno e addirittura a Lecce.

Ma la parabola era calante e il ritorno ad Arezzo alle porte.

Arezzo Wave è tornato a casa qualche anno fa, in effetti, ma senza fondi a disposizione e con l'anima svanita nel nulla. Come un grande pugile che non si è saputo ritirare al momento giusto, quando avrebbe ancora potuto dirsi vincente, Arezzo Wave è crollato sotto i colpi del mondo che cambia.

E ora Valenti, dopo lotte snervanti con le amministrazioni aretine dell'ultimo decennio, si fa provocatorio e dice di voler regalare al comune di Arezzo, perché vengano esposti, i cimeli di quasi trent'anni di storia.

Un finale triste e malinconico, che avrebbe potuto esserci risparmiato. Da anni scrivo che Arezzo Wave (o i suoi derivati) sono morti che camminano; ecco, ora non camminano più.

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