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Cronaca Anghiari

Strage di Bologna, il sindaco: "Quanto valeva la vita dei nostri cittadini? Per Gelli 5 milioni di dollari"

Nell'anniversario della strage le parole del sindaco di Bologna sui mandanti e sul "documento eclatante" emerso nel processo. In quell'attentato di stampo neofascista morì un 21enne dell'Aretino

"Quanto valeva la vita dei nostri cittadini? Per Licio Gelli tutto questo dolore valeva 5 milioni di dollari". Le parole del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, pronunciate con profonda commozione nell'anniversario della strage in cui 85 persone - tra cui un 21enne aretino - persero la vita, sono taglienti. Affondando in una ferita ancora aperta: quella di un Paese che non vuole dimenticare quanto accaduto il 2 agosto del 1980. Erano le 10,25 quando un ordigno deflagrò spazzando via le vite e i sogni di decine di persone e straziando altrettante famiglie colpite da un devastante lutto. Tra queste famiglie ce n'era anche una di Anghiari, quella di Roberto Procelli, 21enne di leva a Bologna. Il giovane aveva avuto un inatteso permesso premio e decise di cogliere l'occasione per tornare a casa a salutare i genitori. Alla stazione cercò una cabina telefonica e chiamò il padre, per dirgli che stava rientrando ad Anghiari. Il suo corpo è stato identificato per primo grazie alla targhetta militare: era proprio a pochi passi da quella cabina telefonica. 

Per la strage è stato condannato dalla Corte d’Assise di Bologna Paolo Bellini. Ma nelle motivazioni - oltre 1700 pagine - viene illustrata quella che è considerata l'articolata struttura ideato, finanziato ed eseguito la strage. E sono state citate le "prove eclatanti" di un importante contributo dell'aretino Licio Gelli, fondatore della Loggia P2. La prova principe presentata dalla Procura di Bologna durante il processo sarebbe stata il cosiddetto 'Appunto Bologna': un documento che risale al 1983 che sarebbe una sorta di libretto contabile sequestrato a Gelli il 13 settembre di quell'anno, quando fu arrestato a Ginevra. Sulla prima pagina vi sarebbe riportata l'intestazione "Bologna" e un numero di conto corrente in una banca Svizzera (gestito da Gelli), a seguire il documento presenta serie di annotazioni di movimenti finanziari avvenuti nelle settimane successive al 2 agosto 1980. In particolare la procura aveva individuato tre passaggi di denaro, per un totale di 5 milioni di dollari, partiti dal Banco Ambrosiano Andino, succursale peruviana del gruppo finanziario.  L'"appunto Bologna" per anni è rimasto tra gli atti processuali sul crack del Banco Ambrosiano. 

sindaco Lepore Bologna "Voglio porgere questa mia domanda - ha detto Lepore in occasione delle celebrazioni dell'anniversario, come riportato da Bologna Today - anche a chi non ci vuole o non ci può ascoltare, ai rappresentanti delle istituzioni di oggi, a quelli di ieri e a quelli di domani. Quanto valeva la vita dei nostri concittadini italiani morti per strage alla Stazione? Ditemi, quanto valeva la distruzione della nostra amata città? Come sindaco e testimone di parte civile al processo mi è stata posta in un certo qual modo questa tragica domanda. 
Secondo il documento “Bologna” ritrovato accuratamente ripiegato nel portafoglio di Licio Gelli, tutto questo dolore valeva 5 milioni di dollari. 5 milioni di dollari? Era questo il prezzo che eravate disponibili a pagare? Quanto pesano i nostri corpi, quanto pesano i nostri sogni, l’abbraccio aggrovigliato nei nostri affetti, il buio indicibile in cui avete gettato il nostro paese?
Secondo i giudici che hanno redatto la sentenza dei mandati, 5 milioni è la cifra che il mandate Licio Gelli, capo della loggia massonica P2, ha pagato per organizzare ed eseguire la strage alla Stazione di Bologna che il 2 agosto causò la morte di 85 persone e il ferimento di altre 200.
"

"Una strage - prosegue Lepore - eseguita dalle principali sigle del terrorismo e dell’eversione fascista dell’epoca.
Una strage realizzata e rimasta impunita per anni grazie alle connivenze e ai depistaggi, all’interno dei servizi segreti militari e della politica italiana. La sentenza arrivata nella primavera 2023 che i familiari delle vittime citano nel manifesto di quest’anno, mette finalmente in luce il filo nero che lega gli esecutori materiali della strage ai suoi mandanti.
La sentenza parla infatti della “prova eclatante che la strage non fu frutto dello «spontaneismo armato» di gruppi neofascisti ma attuazione di un piano nel quale i fascisti agirono di concerto con i servizi deviati o con elementi della massoneria".

E poi l'affondo finale del sindaco di Bologna: "Lo dice bene la sentenza: mandanti e finanziatori che pur non appartenendo direttamente a gruppi fascisti ne condividevano gli obiettivi antidemocratici, tipici di uno Stato autoritario e l’esclusione dalla politica delle masse popolari.
Poteri occulti egemonizzavano la vita politica del paese nel 1980, sottomettendo la politica ufficiale, costruendo un intreccio di relazioni oscure, miranti a modificare attraverso azioni clandestine ed eversive i destini del paese. Una rete di relazioni politico-affaristiche tendenti ad assumere il controllo delle istituzioni, della finanza, dei mezzi di comunicazione, per rovesciare dall'interno l'assetto istituzionale.Una rete che, secondo il Giudice estensore costituisce un vero e proprio: Doppio Stato
".

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