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Il processo

Crac Banca Etruria, rinvio e rabbia. I risparmiatori: "Appello a ottobre. Ma per metà degli imputati reato prescritto"

Doccia fredda questa mattina in aula presso la corte fiorentina. Un rinvio di 5 mesi e il rischio di prescrizione del reato di bancarotta semplice

Increduli e sbigottiti. I risparmiatori che si sono costituiti parte civile nel processo per il crac di Banca Etruria questa mattina sono rimasti di sasso di fronte alla decisione della Corte d'Appello di Firenze di rinviare il procedimento al prossimo 16 ottobre. Due difetti di notifica e la necessità di stilare un nuovo calendario per le udienze che prevedono la discussione orale da parte degli avvocati difensori hanno fatto dilatare i tempi. Un rinvio di oltre 5 mesi. "Il risultato - dicono senza nascondere una profonda amarezza i risparmiatori - è che il reato di bancarotta semplice andrà in prescrizione e che parte del procedimento si chiuderà senza che ci venga data una risposta giuridica definitiva". 

Circa la metà degli imputati sono accusati proprio di questo reato che, solo alcuni giorni dopo la data dell'udienza, sarà estinto.

"Quell'udienza poteva essere fissata prima - spiegano i legali dei risparmiatori (oltre 2000 le parti civili che si erano costituite all'inizio del procedimento) - e vista la situazione e l'importanza del processo poteva anche essere fissata un'udienza straordinaria, come è accaduto per molti altri procedimenti. Invece nulla". 

Il pensiero va inevitabilmente alle tante vittime della vicenda: persone che hanno perso i risparmi di una vita e non solo. Come la signora Lidia Di Marcantonio, vedova di Luigino D'Angelo, il risparmiatore di Civitavecchia che si tolse la vita il 28 novembre 2015 dopo aver affidato 110 mila euro in obbligazioni alla filiale locale della Bpel.

Il processo in primo grado e le assoluzioni

La sentenza di primo grado risale all'1 ottobre 2021 e ha visto un solo condannato (Alberto Rigotti, pena di 6 anni) mentre tutti gli altri 20 imputati sono stati assolti. Nelle motivazioni furono passati in rassegna ogni singolo movimento economico finanziario che ha portato al dissesto dell'istituto di credito e analizzate le posizioni e il ruolo di ogni singolo indagato. 

Durante il processo furono ripercorse le varie tappe che portarono al crack: dall'investimento per lo yacht di lusso che non vide mai visto il mare, alla pratica Isoldi, fino al maxi affido per Villa San Carlo Borromeo o quello per l'outlet di Pescara. Operazioni che secondo l'accusa non furono solo costose - almeno 200 milioni di euro- ma anche rischiose, tanto da aver prosciugato le casse dell'istituto di credito aretino.

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