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Arezzo, la precarietà lavorativa e un progetto da lanciare

Proprio ieri La Nazione di Arezzo ha dedicato un paio di pagine alle aziende locali e ai comparti in difficoltà. Inutile stare qui a rifare l'elenco, ma quel che forse può servire è capire che le persone che non vedono un futuro ad Arezzo sono in...

Proprio ieri La Nazione di Arezzo ha dedicato un paio di pagine alle aziende locali e ai comparti in difficoltà. Inutile stare qui a rifare l'elenco, ma quel che forse può servire è capire che le persone che non vedono un futuro ad Arezzo sono in crescita e non si scorge all'orizzonte una ripresa capace di ridare loro grandi speranze. Quando si calcola e comunica il numero dei disoccupati, per esempio, bisognerebbe scrivere a fianco quanti sono i precari, quelli che utilizzano gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione) e una cifra impossibile da determinare, quella di chi è ancora al lavoro, ma sa già che presto potrebbe toccare a lui (o lei) essere estromesso dal giro.

Questo per dire che il quadro vero e completo è molto più drammatico di quanto non dicano le statistiche generalmente diffuse sulla disoccupazione.

Ed è anche per questo che, senza l'illusione di risolvere tutto, ma con la voglia di dare una mano importante, per le amministrazioni come i comuni e la regione, è centrale non stare con le mani in mano, ma darsi da fare perchè il turismo possa crescere, anche qualitativamente, sul territorio.

Da questo punto di vista negli anni ha vinto chi si è caratterizzato, chi ha associato l'immagine di una città o un territorio con un ambito specifico. Nel tempo hanno funzionato Umbria Jazz, Lucca Comix, Spoleto Festival, Modena Letteratura e così via. L'idea di fare di Arezzo la città dell'arte contemporanea a confronto con quella classica è stata ottima, ma non sviluppata quanto e come avrebbe meritato fare. Icastica, che aveva in parte questo fine, non l'ha palesato con forza e tuttavia aveva cominciato ad essere solo una ripetizione di se stessa in minore. Ci sarebbe bisogno di un rilancio a partire proprio da un marchio come quello, ma stavolta mettendo al centro il tema dell'arte classica (Piero della Francesca e Vasari, ma anche Michelangelo) affiancata e spiegata come contemporanea (al suo tempo) e così confrontabile con quella dei nostri giorni. Interrogarsi sulla storia dell'arte e sul percorso che questa ha intrapreso nel mondo, questo si può fare ad Arezzo, con il contributo di studiosi e artisti internazionalmente riconosciuti. Sogno il giorno in cui centinaia di persone si riuniranno nel Palazzo di Fraternita, con tanto di traduzione simultanea, a porsi delle domende e a cercare di darsi delle risposte non banali, ma frutto di ricerca e pensiero alti. Una mostra come quella di Theimer nella Fortezza Medicea cittadina, avrebbe avuto bisogno di un confronto pubblico tra lo stesso artista e qualche altro esponente dell'arte contemporanea internazionale. Non lo si fa, ma si potrebbe cominciare da Arezzo a farlo, per caratterizzare la città agli occhi del mondo come un luogo di valore, dinamico e con le radici ben piantate nella propria storia, che è ricca di spunti.

Gli incontri internazionali sulla fotografia di Arles potrebbero costituire una base, un esempio sul quale costruire un progetto vincente per Arezzo.

E se poi accanto a certi eventi/mostre/festival si affiancasse qualche cena di alto livello sotto le Logge Vasariane non sarebbe affatto un male, ma un contorno utilissimo al buon ricordo che la città certamente lascerebbe ai suoi visitatori.

E' un ambito difficile, una strada in salita per Arezzo, ma il seme di Icastica non andrebbe lasciato seccare solo per assecondare una parte di città elettoralmente conveniente. Occorrerebbe la forza di essere lungimiranti e non guardare il dito, ma la luna. Cercare la massima qualità possibile del progetto.

Così Arezzo potrebbe diventare un centro di interesse internazionale per un turismo di qualità... e , sia detto con il massimo rispetto per tutti: altro che Back in Time.

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