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Passeggiata intitolata a "Il capitato Magro". L'attacco di Enzo Gradassi: "Ecco perché sono indignato"

Questa mattina Gradassi non ha partecipato alla cerimonia di intitolazione. Perché? Le ragioni chiarite in un intervento

Si è svolta oggi la cerimonia di inaugurazione della passeggiata intitolata a Mario Magri, militare e partigiano italiano, veterano della prima guerra mondiale (come viene descritto sinteticamente).
Un momento che arriva dopo lunga attesa da parte di coloro che si sono fatti promotori dell'iniziativa legata all'intitolazione di uno spazio cittadino alla figura di questo uomo.

Tra questi c'è senza ombra di dubbio Enzo Gradassi autore, tra gli altri, del libro "Il Capitano Magro. L’avventura di un giovane aretino da Fiume alle Fosse Ardeatine” e primo sostenitore dell'iniziativa poi approvata a maggioranza in consiglio comunale quale mese fa.

Questa mattina però Gradassi non ha partecipato alla cerimonia di intitolazione. Perché? 

Ecco le ragioni da lui stesso riportate attraverso un suo intervento. 

Indignato è la parola giusta? Forse no, ma è quella che rende meglio l’idea.

Dopo tre anni e mezzo dall’atto di indirizzo “trasversale” del consiglio comunale (era il 12 maggio 2016) col quale si chiedeva l’intitolazione di una strada aretina a Mario Magri, “Il Capitano Magro”, si è provveduto ad apporre una targa sulla passeggiata pedonale e ciclabile nei pressi del parco Ducci.

Molti sanno, e lo sa bene il sindaco Ghinelli, che quell’atto di indirizzo, promosso dai consiglieri Angelo Rossi e Donato Caporali, e successivamente appoggiata da Francesco Romizi e Claudia Maurizi, scaturiva dalla pubblicazione del mio volume “Il Capitano Magro. L’avventura di un giovane aretino da Fiume alle Fosse Ardeatine” edito da Fuorionda. 

Di Mario Magri, fino a quel momento, nessuno sapeva niente. Solo una lapide, nell’atrio del Liceo Classico, lo nominava assieme ad altri.

In più occasioni avevo personalmente rammentato al sindaco Ghinelli l’impegno del consiglio comunale (in una occasione perfino in diretta TV a Teletruria), mentre in consiglio comunale c’era stata anche una interrogazione il 24 marzo 2017 sui motivi del ritardo.

Dunque indignato? Si per due motivi: uno per la villania istituzionale dato che nessuno mi ha informato (né tantomeno invitato), che si sarebbe tenuta la cerimonia: certo, invitarmi non era per l’ingegner Ghinelli un atto dovuto, ma di semplice educazione o cortesia, che sembra sconosciuta a questa amministrazione, se non si ha la giusta “visibilità” mediatica.

L’altro motivo risiede nella scialba iscrizione della targa.

Mario Magri non fu un anonimo “storico militare aretino”.

Mario Magri fu un tenace oppositore del fascismo, perseguitato, arrestato e confinato.

Il Capo della polizia Arturo Bocchini lo riteneva già nel 1926 uno dei pochi italiani in grado di nuocere perfino alla vita di Mussolini e per questo gli fece dare la caccia fino all’arresto.

Era stato militare, si, nella grande guerra e poi fra i collaboratori prediletti di D’Annunzio a Fiume (fu proprio il “poeta soldato” che gli affibbiò il nomignolo di “Capitano Magro”). 

La sua “carriera militare”, però, finì con l’impresa di Fiume. 

In seguito rimandò al mittente la tessera onoraria del partito fascista che gli era stata offerta e mantenne una tenace opposizione al regime che lo ricambiò con 17 anni di confino (Mario Magri è l’unico italiano ad aver subito 17 anni consecutivi di confino, dal 1926 al 1943, senza mai passare dalla decisione di un tribunale).

Nel libro sono raccontate le sue vicissitudini di confinato, in buona compagnia (fra gli altri Sandro Pertini, Giorgio Amendola, Roberto Bencivenga, Giuseppe Romita).

Dopo l’otto settembre fu a Roma, impegnato nella resistenza con l’”Unione Nazionale della Democrazia Italiana”, una formazione partigiana di ispirazione liberal-democratica. Catturato dai fascisti repubblichini a seguito di una delazione il 26 gennaio 1944, venne consegnato ai nazisti di Kappler che lo rinchiusero nel famigerato carcere di via Tasso, nella cella n. 1 dove c’erano personalità della resistenza romana come il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, don Pietro Pappagallo e Carlo Zaccagnini. 

Dopo sessanta giorni di violenze, testimoniate dalle macchie di sangue rinvenute sui suoi abiti e dai suoi occhiali fracassati, Mario Magri venne “selezionato” fra i 335 che vennero massacrati alle Fosse Ardeatine.

Dunque, non un impersonale “storico militare aretino”, ma un “perseguitato politico antifascista” o, più ancora, un “caduto partigiano delle Fosse Ardeatine”. 

Ma forse, per il sindaco Ghinelli, questo era troppo.

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