"7 (erano i fratelli Cervi)": lo spettacolo in scena sul palco virtuale di Officine della Cultura
7 (erano i fratelli Cervi) dal libro di Alcide Cervi “I miei sette figli" con Gianni Micheli, Luca Roccia Baldini, Massimiliano Dragoni regia e adattamento teatrale Andrea Merendelli, elementi scenici Maurizio Giornelli e Paolo Bracciali, luci Damien Salis, fonico Enrico Einrich Zoi. costumi Teatro Popolare d’Arte.
La scheda allo spettacolo
Una madre mi abbracciò e mi disse:
“Papà Cervi, anche a me hanno ammazzato il figlio. Era l’unico figlio. Ma che è uno per te che ne hai perduti sette?”
Io le alzai il viso dalla spalla mia e dissi:
“Tu ne avevi uno, e quello ti hanno preso. Io ne avevo sette, e sette me ne hanno presi. È lo stesso, non c’è diversità”
C’è un’epica che dovrebbe appartenere a tutti i nati nell’Italia democratica. E invece quest’epica viene spesso profanata, derisa e quando va bene: ignorata. Eppure le gesta di ogni eroe in lotta per la libertà, fanno il giro del mondo e spingono altri popoli ad imitarlo. La trasmissione orale o figurativa della vita di un eroe, sia essa forma d’arte o semplice passaggio di testimone, è l’argine contro l’ignoranza che muta d’abito e di linguaggio, che non può vincere contro la verità, ma che può farla soffrire.
7 (erano i fratelli Cervi) nasce dalle memorie del capofamiglia Alcide, struggente cronistoria di un massacro fascista. Sette figli pieni di vita, di ideali, di voglia di libertà. Sette figli ancora vivi, settant’anni dopo la loro morte. Da qui, nasce lo spettacolo, perché in ogni luogo d’Italia dove si è accanita la violenza nazifascista, c’è stato un figlio di casa Cervi.
Nell’adattamento di Andrea Merendelli, ad uso musicale e di narrazione “multipla”, i piani del narratore, di Alcide e del figlio Aldo si intrecciano e si scambiano sulla scena.Su un altro piano, il back stage-on stage del “teatro come strumento di lotta” della Compagnia Sarzi, con il tentativo di dare un tono farsesco al Fascismo, senza toglierne la tragica (e a volte stupida) crudeltà.
7 rappresenta l’omaggio che Officine della Cultura intende rendere a tutti coloro che, in tempi drammatici, hanno saputo immaginare e ricercare, anche pagando il prezzo altissimo della propria vita e di quella dei propri cari, un futuro di pace e di “progresso”. Un progresso principalmente umano, guidato da conoscenza, impegno e responsabilità, nell’esempio di quanto cercato da Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio e Ettore Cervi e tramandato da Alcide Cervi: “Il sole non nasce per una persona sola, la notte non viene per uno solo. Questa è la legge e chi la capisce si toglie la fatica di pensare alla sua persona perché anche lui non è nato per una persona sola”.
Registrazione video del 9 febbraio 2014