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Pillole di Mumec: la memoria sonora. I coni di cera, i dischi e i cd rom

Un viaggio nell'universo della memoria con particolare riferimento ai mezzi utilizzati dall'uomo per conservarla e tramandarla

Che cosa lega la memoria del suono con quella meccanica? Le risposte al quesito vengono fornite ancora una volta dalla storia. Agli inizio del 1800 un brillante imprenditore, Joseph-Marie Jacquard, decise di rivoluzionare le proprie attrezzature per la tessitura e creare per la prima volta nella storia un sistema automatizzato che consentisse di abbinare i colori alle trame dei tessuti. Una storia affiscinate che è stata ripercorsa e studiata approfonditamente dalla direttrice e dal curatore scientifico del Mumec, Museo dei mezzi di comunicazione di Arezzo. 

"La macchina di Jacquard - spiega Valentina Casi direttrice del Mumec - è considerata l'antenata dei calcolatori automatici, i computer. Questa è stata infatti la prima in grado di leggere le informazione di una scheda forata. Tale metodo venne poi successivamente applicato alle macchine musicali". 

Successivamente arrivarono i rulli in ottone contenenti punte di acciaio posizionate secondo lo spartito musicale nei carillon meccanici a molla e letti con un pettine d'acciaio così che girando riproducevano il brano musicale. È poi nel 1877 che Thomas Alva Edison segnò un reale passo in avanti dando vita ad un sistema di incisione e ascolto basato sull'utilizzo di appositi macchinari e supporti quali dei rulli di cera. Il fonofrago è stato per lungo tempo considerato una macchina parlante che consentiva di ascoltare musica strumentale, corale oppure registrazioni vocali. Data però la natura altamente degradabile dei supporti per le incisioni, la loro conserazione risultava difficile e altamente inaffidabile. Per questa ragione, sul finire del diciannovesimo secolo, Emil Berliner si adopera per trovare nuove strategie utili alla cattura del suono. Irruppe così nella storia il grammofono a disco macchinario che spazza via i rulli di cera sostituendoli con dischi di bachelite. Un punto di svolta che dà il via ad un irreversibile cambiamento che, come step successivo, vede l'abbandono dell'incisione meccanica e lo svilippo di quella magnetica. È così che nascono prima i fili e poi - durante il secondo conflitto mondiale - i nastri magnetici. Strumenti piccoli, compatti, affidabili e facilmente riproducibili da diventare oggetti di uso comune. In tempi più recenti la memoria sonora, come molti altri ambi della vita comune, ha subito un processo di miniaturizzazione e digitalizzazione. Sì perché se la magnetizzazione delle incisioni è stata una svolta significativa, altrettanto imponente è stata l'intuizione di utilizzare il laser per imprimere appositi segnali che in fase di decodifica possono essere letti o ascoltati. È questo l'avvento del cd rom e dei lettori per compat disk. Sarà poi nel 2001 che la Apple presenterà al mondo intero uno strumento di conservazione così piccolo e potente da consentire di immagazzinare giba byte di memoria in un oggetto minuscolo come l'I-Pod.

"All'interno del Mumec - spiega Fausto Casi, curatore scientifico della collezione - abbiamo molti strumenti e macchinari che raccontano il grande viaggio dei mezzi con i quali l'uomo ha conservato e catturato il suono. Uno di questi, un vero e proprio unico, è il prezioso impianto donatoci dalla Rai di Torino. Si tratta di un complesso sistema di riproduzione, mixaggio e incisione audio che, dopo essere stato accuratamente restaurato, si presenta oggi in tutta la sua potenza". 

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