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Venerdì, 19 Aprile 2024

"In fuga dalla guerra": aretini mettono in salvo tre donne ucraine. "In Polonia con il pulmino dell'Arezzo per portare aiuti"

Piero Perticai, Giovanni Gallastroni e Luca Paolini hanno percorso 3600 chilometri per consegnare beni di prima necessità ad un campo profughi e portare in salvo tre donne. Oggi un altro arrivo: una mamma con due bimbi

Hanno grandi occhi chiari, lucidi. Si voltano a destra, a sinistra, sembrano perse. Nei loro sguardi si leggono la stanchezza, la paura, il travaglio dell'anima di chi è in fuga da una guerra sanguinosa e non sa più cosa possa riservargli il domani. Olga, Tatiana e Olena (nomi di fantasia) sono tre donne che ieri sera sono arrivate ad Arezzo a bordo di un pulmino guidato da tre aretini: il consigliere comunale Piero Perticai, Giovanni Gallastroni e l'infermiere del San Donato Luca Paolini. I tre amici, a bordo di un mezzo dell'Arezzo Calcio, sono partiti mercoledì scorso da Sassaia di Rigutino alla volta di Przemysl, ultimo baluardo della Polonia a ridosso del confine ucraino. Qui ogni giorno arrivano centinaia di profughi: vengono accolti da volontari accorsi da tanti paesi europei. Tra loro, per tre giorni, sono rimasti anche gli aretini, che hanno gettato il cuore oltre l'ostacolo e hanno deciso di fare qualcosa di concreto per aiutare chi fugge dalla guerra. Hanno portato aiuti e hanno accompagnato fino ad Arezzo le tre donne. 
Il pulmino si è fermato di fronte alla Prefettura alle 21,11. Per Olga, Tatiana e Olena però c'era ancora strada da fare: perché sono state destinate ad un centro di Caprese Micheangelo. Stravolte dal viaggio e dalle emozioni, le tre donne, ancora strette nei loro piumini, si sono affidate alla signora che si occupa dell'accoglienza per la cooperativa San Lorenzo. E finalmente a tarda sera sono arrivate nella struttura. Nei prossimi giorni saranno aperte loro le porte di una casa, dove anche altre donne e bambini provenienti dall'Ucraina potranno rifugiarsi. 

L'avventura del cuore

Per gli aretini, quella in Polonia resterà un'avventura indelebile dalla memoria e dal cuore.

“Quello che abbiamo visto è stato impressionante – racconta Perticai – la macchina dell'accoglienza funziona alla perfezione. Sembra tutto normale, organizzato senza nessuna sbavatura. Poi però un telefono squilla, una donna risponde e scoppia in lacrime. E il dramma della guerra piomba anche lì dentro”. Il dolore per l'annuncio della morte di una persona cara scuote in questo modo lo stanzone che ospita i profughi. 
Il centro di accoglienza visitato dagli aretini si trova dentro alla palestra di una scuola che ospita tante donne con bambini. Il telefono è l'unico collegamento con i mariti e i figli rimasti in Ucraina. E quelle chiamate attese con ansia, possono diventare fendenti che colpiscono dritto al cuore quando annunciano la scomparsa di qualche familiare. 

“Dopo aver visto tutto questo – continua Perticai – penso che quello che abbiamo fatto sia solo una goccia sul mare”. In realtà i tre amici hanno fatto molto di più: hanno portato beni di prima necessità e sono tornati ad Arezzo portando in salvo tre donne, percorrendo 1700 chilometri all'andata e altrettanti al ritorno. Hanno visto colonne di mezzi militari fare manovre al confine con l'Ucraina, e hanno toccato con mano la sofferenza di quelle centinaia di persone che sono in arrivo da oltre confine. 

“Abbiamo aspettato una mamma con due bambini con la quale ero in contatto – spiega Gallastroni -. Ma deve essere accaduto qualcosa nel treno che viaggiava da Odessa e Leopoli perché al momento in cui siamo ripartiti non c'era nessuna traccia di loro. Di fatto ogni convoglio può trasportare 750 persone. Se sono di più, vengono fatte scendere. Ma torno a casa con una bella notizia: un giovane volontario della Caritas francese conosciuto in questi giorni mi ha contattato per dirmi che ha intercettato la giovane mamma e l'ha aiutata a trovare un pullman per Firenze. Domani (oggi ndr) arriveranno”. E anche per loro Arezzo cercherà di offrire la speranza di una nuova vita.

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