Quattro punti in quattro giornate. Arezzo, serve qualcosa in più
Dopo l'esordio vincente di Rimini, gli amaranto hanno collezionato due sconfitte e un pari con l'Olbia. Le scelte di Indiani, il rendimento dei singoli e la serenità della società: c'è margine per crescere
UN PERIODO COSI' - Stavolta non è andata granché. L'Arezzo ha giocato male per larghi tratti di partita, sbagliando tanto nel palleggio, producendo solo qualche fiammata qua e là. Indiani ha scelto di non andare a pressare, evitando il rischio di scoprire la metà campo, e l'Olbia non si è dannata l'anima per fare gol, badando soprattutto a non prenderlo. Ne sono venuti fuori 95 minuti poco spettacolari, incasinati, che avrebbero potuto prendere un'altra strada dopo il rigore trasformato da Guccione. Invece un minuto e mezzo più tardi, in modo fortuito, è arrivato il pari e la gara si è indirizzata sull'1-1. Tutti dicono che è un periodo un po' così e in effetti è vero.
NOVE SU UNDICI - Rispetto a Pescara c'erano 9 elementi nuovi in formazione, forse un po' troppi considerando che siamo solo alla quarta giornata e il turnover è ancora una scelta e non una necessità. Le 5 sostituzioni garantiscono un bel refresh a gara in corso, senza contare che un rimescolamento delle carte poteva essere messo in atto a Chiavari sabato prossimo. Sono i classici ragionamenti pieni del senno di poi, è vero, acuiti dalla considerazione che il pari con l'Olbia lascia qualche rammarico in più rispetto agli inciampi contro Dal Canto e Zeman. Tabellini alla mano, 9 giocatori nell'undici titolare non li ha cambiati nessuno. Qualcosa vorrà dire.
LA SOLITUDINE DEL 9 - Di sicuro, e questa è una roba complicata da spiegare, il centravanti dell'Arezzo, che sia liberiano, maliano, ceco o di Bagno a Ripoli, attira su di sé tutta l'umana compassione del pubblico allo stadio. Quasi sempre solo in mezzo ai centrali avversari, con gli esterni larghissimi e mediani che non salgono a dargli man forte, senza cross dal fondo, è condannato a una guerra perpetua contro i suoi marcatori e un po' anche contro il destino. Diallo era più contropiedista che uomo di manovra, Boubacar era troppo acerbo, Gucci si salva perché ogni tanto tira fuori il coniglio dal cilindro. Ma se la squadra, a uno come Kozak, non recapita nemmeno un pallone in testa, è impossibile pretendere che quello faccia gol. Anzi, è impossibile che tiri in porta proprio. Su questo si attendono correttivi e/o miglioramenti.
LA VERA VITTORIA - Al di là degli alti e bassi legati al campo in queste prime 4 giornate (bene Coccia, bene Iori, bene Mawuli, bene Settembrini, bene Pattarello, rivedibili Guccione e Masetti, indietro Gaddini e Chiosa, nel limbo Renzi), c'è l'extra campo che non deve passare inosservato. In una piazza dove, fino a qualche anno fa, si cambiavano allenatori e direttori a ritmi scriteriati, con le conseguenze che sappiamo, si è inaugurata una linea diversa. Adesso si tenta di programmare, non a parole ma con i contratti, gli investimenti, le strutture, gli staff. Finalmente, forse perché il dio del calcio ha ascoltato le nostre suppliche, si cerca di andare oltre il risultato spicciolo e di puntare a un futuro stabile, sostenibile (parola abusata ma che rende l'idea) e ambizioso. Tra le partite vinte nel mese di settembre non c'è solo quella di Rimini. C'è anche questa.
PALATI FINI - In ogni caso, si sapeva che l'approccio al campionato sarebbe stato insidioso e che la squadra avrebbe pagato dazio. C'è tutt'ora un bel clima intorno all'Arezzo, non lo rovinerà di certo qualche incontentabile seduto in tribuna che ieri ha mugugnato forte. Indiani in sala stampa ha ringraziato la curva e solo la curva per il sostegno. E non è stata una frase casuale.