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La nuova vita di Abel Balbo tra cereali, soia e mais: "Ma vorrei tornare sul campo"

L'esperienza negli USA, la vita dopo il calcio e la voglia di tornare sul campo. Le parole di Abel Balbo

A 53 anni per Abel Balbo è iniziato un nuovo capitolo della sua vita. "Ho fatto un po' di tutto da quando ho smesso di giocare: ho allenato e ho venduto qualche giocatore. Poi mi sono dedicato alle mie cose personali". Il Posticipo ha intervistato l'ex attaccante della Roma ed ex allenatore di Treviso e Arezzo. Con i veneti l'avventura durò poche giornate, ad Arezzo invece ci saranno due parentesi. Nel novembre 2010 l'Atletico Arezzo passò alla cordata con a capo Gino Severini e Abel Balbo fu nominato capo dell'area tecnica. Allenatore Maurizio Coppola e salvezza raggiunta. Nell'estate 2011 prese le redini delle prima squadra ma deve lasciare (per motivi personali) a poche ore dalla partenza per il ritiro di Anghiari lasciando il posto al suo vice Michele Bacis. L'Arezzo arriverà alle spalle del Pontedera.

L'estate successiva Balbo torna sulla panchina dell'Atletico Arezzo, Bacis retrocede a suo secondo, ma il bilancio dopo nove giornate è di tre vittorie, un pareggio e cinque sconfitte. L'esonero è inevitabile. Da allora il nome dell'argentino non è stato più accostato ad altri club.

Da quando ho smesso di giocare ho fatto un po’ di tutto sia dentro che fuori dal calcio. Ho allenato e ho venduto qualche giocatore - racconta Balbo - Poi mi sono dedicato alle mie cose personali: ho un’azienda agricola in Argentina, produciamo cereali, soia, mais. Io e mia moglie l’abbiamo comprata coi primi soldi all’inizio della nostra carriera: veniamo entrambi da una zona agricola quindi l’idea è nata così. Dopo aver smesso ho dedicato tempo ai miei figli. Negli ultimi 3-4 anni sono stato quasi sempre negli Stati Uniti perché due di loro vivevano lì e ho approfittato di quel periodo per insegnare ai ragazzi nelle scuole calcio.

E per il futuro?

Mi piacerebbe insegnare calcio: ho scoperto che mi piace più di qualsiasi altra cosa. Vorrei tornare sul campo e fare l’aiutante di qualche allenatore. Mi piacerebbe farlo in Italia, sarebbe la soluzione migliore perché vivo qui. Parto ogni tanto per l’Argentina per seguire alcune cose personali, ma ci vado un paio di volte all’anno, al massimo tre, sempre di meno perché i miei figli sono cresciuti e la vita è cambiata. Vivo in Italia da trent’anni, ho vissuto più qui che in Argentina, i miei figli sono nati qui e sono cresciuti qui, loro sono pienamente italiani. Viviamo qui da una vita ormai. Uno dei miei figli fa il pilota d’aereo, l’altro fa il designer industriale e nessuno dei due segue le partite in televisione, una beffa… Mia figlia fa la pattinatrice sul ghiaccio: nemmeno lei ha a che fare col calcio.

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