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Giovedì, 25 Aprile 2024
Calcio

Paolo Indiani un anno dopo. Promozione in C, entusiasmo e la voglia di vincere ancora

Il 6 giugno 2022 l'allenatore sbarcava ad Arezzo con il proposito di salire di categoria e riportare il grande pubblico allo stadio. L'impresa è stata centrata e adesso, a quasi 69 anni, ha una nuova sfida davanti

Un anno fa Paolo Indiani sbarcava nel mondo amaranto e lo faceva a modo suo. Senza paure, con un coraggio sfumato nell'incoscienza. Il 6 giugno 2022 l'Arezzo non godeva del vento alle spalle come oggi, diffidenza e scetticismo viaggiavano a braccetto e le tossine delle due stagioni precedenti non erano state smaltite. Ma il mago di Certaldo aveva una fama che lo precedeva e un'età che gli consentiva di fregarsene delle contingenze. Con 9 promozioni nel curriculum, non esisteva ombra in grado di metterlo sulla difensiva, filosofia che ha sempre combattuto anche in campo. In più c'era l'altro Paolo a dargli quelle sicurezze che la gente, da fuori, poteva solo auspicare.

“La presenza del direttore Giovannini è stata fondamentale per portarmi qua – disse Indiani ai giornalisti. Ci conosciamo, ci fidiamo l'uno dell'altro ma questo non ci esime dall'ottenere i risultati. Ad Arezzo bisogna vincere e solo vincere. E non è una responsabilità che mi spaventa. Anzi, mi piacerebbe riportare tanti tifosi allo stadio: più gente c'è, meglio è”.

Chiaro e diretto, come d'abitudine. Indiani confessò che avrebbe voluto vincere il campionato con un mese d'anticipo e riportare cinquemila spettatori al Comunale. Sembrò una sboronata, invece il tempo gli ha dato ragione: promozione conquistata a tre settimane dalla fine, davanti a 6.500 persone in festa. Chapeau.

Il tecnico che l'Arezzo aveva corteggiato più volte in passato, è uno che avrebbe potuto (dovuto) arrivare in A e invece il titolo di maestro se l'è guadagnato tra serie D e serie C. Così va il calcio e non sempre c'è una spiegazione logica per quel che accade. Il luogo comune dice che alla fine ognuno ottiene ciò che merita ma è, per l'appunto, un luogo comune: vi è un fondo di verità che però non basta a incasellare tutte le variabili della vita.

indiani manzo giovannini

Resta il fatto che mister promozione ha assicurato di non coltivare rimpianti, se non quello di aver trascurato la famiglia per il pallone. Ma è in buona compagnia e trattasi di un effetto collaterale che non può essere gestito. Quest'anno, come sempre, si è dedicato anima e corpo alla squadra, mentre Giovannini aggiustava e mediava, quando ve n'era necessità, dietro le quinte. "E' per questo che andiamo d'accordo - ha ammesso Indiani. Lui mi toglie tutte le incombenze fuori dal campo e io posso dedicarmi a ciò che mi piace di più".

Tra i due c'è una stima professionale di vecchia data che sconfina nell'amicizia personale, anche se gli approcci alle cose di calcio sono diversi. Non a caso, in stagione, il direttore generale ha dovuto muovere alcuni rimproveri al tecnico. Come quando, dopo la sconfitta interna con il Tau, chiese "meno parole e più autocritica". Rimbrotti bonari ma fermi, interpretati nel modo giusto.

In questo anno di lavoro, Indiani ha confermato di essere sul pezzo. Si aggiorna, allena e non delega come certi suoi coetanei, ha ancora il sacro fuoco dentro che la squadra assorbe come una spugna. Riesce a conciliare bel gioco e risultati, cura ogni dettaglio, non è diplomatico, a volte è brusco nei concetti. Il merito più grande che si riconosce, ed è verità, è la valorizzazione dei giovani. Il che per l'Arezzo rappresenta un tesoretto prezioso, unito al fatto che l'allenatore è sì un fautore del 433 ma in carriera ha giocato pure con moduli diversi, dal 343 al 352, che l'anno prossimo potrebbero tornare buoni.

A dodici mesi dal suo arrivo in amaranto, Indiani ha fatto quello che doveva fare. Ha vinto, ha rinnovato il contratto, proverà a vincere ancora. Forse non subito, poi l'anno prossimo chissà. Dalla C alla B il salto non gli è mai riuscito, magari si toglie lo sfizio a 70 anni. Il calcio, come il destino, a volte ha più fantasia di noi.

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