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Gol e fantasia, ma il futuro di Calderini è da decifrare. Arezzo, riflessioni in corso

Quest'anno 19 reti e 5 assist in amaranto per il fantasista, che domani compie 34 anni. La sua conferma non è ancora sicura, a breve l'incontro tra l'agente e il dg Giovannini

Cresciuto con la definizione di “bravo ma un po' matto” appiccicata addosso, Elio Calderini ha speso una carriera per dimostrare che quell'etichetta non era del tutto fasulla. Ha deliziato e fatto dannare allenatori e tifosi di quindici club in giro per l'Italia, compreso l'Arezzo che lo ha cresciuto nelle giovanili. La Primavera dei classe '88, allenata da Rubinacci, era una squadra frizzante che annoverava Ranocchia e Sereni, Bazzoffia e Bernicchi, Sensi e, per l'appunto, il promettente Calderini, dribblomane e fantasioso già all'epoca.

Tornato in amaranto nello scorso dicembre dopo pochi mesi a Città di Castello, a casa sua, ha disputato una stagione ottima. 6 gol al Tiferno in 11 presenze, 13 all'Arezzo (più 5 assist) in 21 apparizioni. In serie D, nonostante l'età, fa ancora la differenza. In Lega Pro la farebbe un po' meno (forse) ma ci starebbe alla grande. I numeri, del resto, sono chiari: 113 partite e 27 gol in C2, 229 partite e 36 gol in C1, 11 presenze senza gol nell'unica esperienza in B, a Foggia.

L'identikit di Calderini è noto a tutti, pure a Giovannini che adesso ha il gioco in mano. Confermarlo o lasciarlo libero? Non è quesito banale ed è l'unico che alimenta il dibattito pure fra i tifosi. Il destino degli altri giocatori della rosa, compresi quelli che sono andati bene come Marchi, appassiona poco. Quello di Calderini fa discutere e lo farà ancora per qualche giorno.

L'incontro fra le parti è previsto a breve, forse già in questa settimana, e servirà per capire se ci sono i margini per andare avanti insieme. L'agente del giocatore, Francesco Iovino, vuole verificare se Elio è considerato centrale per il nuovo progetto di Indiani, Giovannini vuole essere sicuro che il fantasista abbia le motivazioni per rimettersi in discussione dopo quello che ha definito “un mezzo fallimento sportivo”.

Tradotto: con Indiani c'è da correre anche in fase di non possesso, da mettere il talento al servizio della squadra, da scaricare palla nei tempi giusti. Inoltre, se si concretizzasse il ripescaggio in C, l'Arezzo utilizzerebbe il 352, come Giovannini gradisce. E in quel caso, Calderini potrebbe esprimersi al massimo da seconda punta?

ElioCalderini_2021_Arezzo-2

L'aspetto tecnico e tattico, in ogni caso, è secondario. Un giocatore così, al di là delle sfumature, non può essere messo in discussione. Semmai c'è il nodo economico da sciogliere: quest'anno il 18 ha guadagnato bene e, a quanto filtra, aveva un accordo verbale per il rinnovo. Giovannini, che oltre a costruire una buona squadra deve anche mettere mano al ridimensionamento dei costi, si sente invece libero da vincoli contrattuali e l'ha detto pubblicamente. La trattativa, quindi, dovrà ripartire non proprio da zero ma quasi.

Il direttore in conferenza stampa ha inoltre messo l'accento sullo “spessore umano” dei calciatori da acquistare e confermare. Il riferimento era generico ma è sembrato un monito per tutti, Calderini compreso. Va anche detto che, al di là di qualche ammonizione inutile per proteste, figlia dell'adrenalina che lo avvampa fin da quando giocava con Sereni, Bernicchi eccetera eccetera, Elio tutto è che tranne che un bad boy. La questione è aperta e le parti dovranno trovare un articolato punto d'incontro (se ne avranno interesse e volontà).

Domani intanto Calderini festeggia il 34esimo compleanno nel giorno di San Menchino. Per un curioso gioco del destino, è nato il 9 giugno, giorno in cui Domenico Neri mise la palla sotto l'incrocio di Ciappi in rovesciata. Calcisticamente, quindi, non poteva che essere com'è: talentuoso, imprevedibile, incostante, metà genio e metà sregolatezza. Lui, l'uomo che ha appena vinto Cavallino d'oro e Perla amaranto, dei gol con il cucchiaio, l'unico che da ragazzo scartava Ranocchia in un fazzoletto di terreno, il suo desiderio l'ha già espresso in tempi non sospetti: restare ad Arezzo.

L'epilogo però non è così scontato. Può darsi che ci sia il lieto fine oppure che il ritorno alle origini, salutato a dicembre con la mano sul cuore, sia già al capolinea. Con il Città di Castello di Piero Mancini che fiuta il colpaccio.

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