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"L'Arezzo è forte. E io sogno la svolta della mia carriera". Intervista a mister Mariotti

Il mercato, il modulo tattico, Cutolo e Strambelli, il jolly Pinna, il ripescaggio sfumato, la serie D da vincere: l'allenatore amaranto racconta le prime settimane alla guida della squadra

Ad Arezzo aveva già allenato nel 2007 e anche quella volta, guarda il destino, la squadra veniva da una retrocessione. Marco Mariotti però all'epoca faceva il vice e il peso delle responsabilità gravava su spalle diverse dalle sue. Oggi è un'altra storia. E' lui a portarsi dietro il fardello del pronostico e l'obbligo di risalire velocemente la china perché l'Arezzo, nonostante i precedenti dicano il contrario, in serie D dev'essere solo di passaggio. Mariotti ha un vantaggio: ha lavorato con colleghi capaci, ha studiato calcio, ha preso il master a Coverciano, conosce a fondo la categoria. Il punto interrogativo è annidato nelle pieghe del suo cv: in carriera ha lasciato buoni ricordi un po' ovunque, ha ottenuto risultati inattesi con squadre giovani ma non ha mai conquistato una promozione. Il che, ad Arezzo, basta e avanza per stare sulla graticola. Ma al mister scelto dal ds De Vito per tornare tra i prof, questo non crea preoccupazioni.

“Io sono contento perché in ritiro abbiamo lavorato benissimo. Diciotto allenamenti, tre amichevoli senza risparmiare energie, questo ho visto. E noto anche che si sta creando la giusta sintonia tra me, lo staff, i ragazzi, i magazzinieri. La D è dura, senza un gruppo coeso non si va avanti”.

La D è dura in generale. Per l'Arezzo che deve vincere, lo sarà ancora di più.

“Questa è una piazza importante, sappiamo che saremo i grandi favoriti e che mentalmente dovremo reggere la pressione. Ma non c'è cosa più bella, ai ragazzi lo dico sempre. E la società, sono sincero, mi sta aiutando: ha grandi motivazioni, voglia di riscatto. La squadra lo avverte”.

Il mancato ripescaggio l'ha delusa, mister? O restare in serie D, torneo che lei conosce come le sue tasche, alla fine è stato un sollievo?

“Non scherziamo. Ho sperato fino all'ultimo nella serie C, consapevole però che poteva pure andare male. Diciamo che questa rosa mi sta rendendo comunque felice. Ci sono le basi per fare bene e tornare dove l'Arezzo merita di stare”.

Si aspetta sorprese riguardo la composizione del girone?

“No. Penso che finiremo con toscane, umbre, marchigiane, qualche laziale. In D non ci sono gironi facili, c'è sempre qualche outsider che arriva a sbaragliare i pronostici. Poi noi saremo l'avversario da battere, dovremo essere pronti”.

Quest'obbligo di vincere come andrà gestito per non trasformarlo in un boomerang?

“Motivazione sì, ansia no. L'obbligo deve esaltarci, non deprimerci. L'autostima sarà fondamentale, vincere dipenderà dal gioco e dal carattere. Solo la tecnica, o solo la forza di volontà, non bastano”.

Il 4-3-1-2 che ha utilizzato finora è un modulo affascinante ma complicato da interpretare. Come è arrivato a questa scelta?

“Perché è il più adatto ai giocatori che ho a disposizione. Mi dà tante linee di passaggio e mi consente una fase difensiva con grande densità centrale. Stiamo lavorando molto su possesso palla e pressing alto, che sono i concetti base. Poi il modulo dipenderà da tante variabili: non sono un integralista, non porto la scienza ma solo la mia conoscenza”.

Pinna lo considera un esterno basso o un jolly difensivo?

“Pinna è un ottimo giocatore per la serie C, figuriamoci tra i dilettanti. Lui ha una dote sopra la media, la qualità del piede. Può fare il quarto, il centrale, il braccetto se giocheremo a tre dietro. Dirò di più: in allenamento l'ho provato anche mezz'ala. Al bisogno ci farà comodo anche lì”.

La convivenza tra Cutolo e Strambelli a che punto è?

“Si divertono, mi fanno divertire, faranno divertire anche la gente. Sono due ciliegine sulla torta perché hanno talmente tanta abilità che possono decidere le partite con una giocata. Far convivere due così non sarà mai un problema”.

Dal mercato si aspetta qualche altro innesto?

“Siamo già a buon punto e devo dire che la squadra mi piace. Il livello medio è alto, però dobbiamo completare i reparti: un difensore under, un centrocampista, un elemento in attacco ci servono”.

E' d'accordo che in D la differenza la fanno i giovani o è solo un luogo comune?

“No, è la verità. I giovani devono essere bravi e devono giocare nel loro ruolo. Altrimenti facciamo solo danni”.

Da qualche giorno si è aggregato alla squadra l'attaccante Ramon Muzzi, classe '98, figlio di Roberto. Potrebbe essere tesserato?

“Lo stiamo valutando. Io lo conoscevo da ragazzino, l'avevo visto diverse volte quando era una promessa, poi la sua carriera ha preso un'altra piega. L'impatto è stato buono, lui ama attaccare la profondità ed è una caratteristica che a noi manca, dato che abbiamo punte forti che preferiscono venire incontro. Se terremo Muzzi è perché ci avrà convinto”.

Lei a ottobre compie 60 anni. Ha ancora modo di sognare una svolta positiva per la sua carriera?

“Ho quasi 60 anni ma sono giovane nello spirito. Non ho perso la curiosità di scoprire cose nuove, di conoscere, di imparare. Il calcio poi ti dà ogni giorno uno spunto diverso. E quindi sì, ho ancora ambizioni e aspirazioni. L'unica cosa che ormai non posso più cambiare è il carattere. Qualcuno dice che ce l'ho brutto ma lo dicono di tutti quelli che ce l'hanno forte”.

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