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E' un Arezzo che ama complicarsi la vita. Ma gioca, corre tanto e vince

Anche contro il Grosseto, come successo con Ponsacco e Livorno, la squadra è rimasta in dieci. Eppure non si è disunita e ha conquistato tre punti meritati. E' un periodo pieno di ostacoli imprevisti, anche se gli amaranto dimostrano sempre tanta qualità

Una partita che poteva (doveva) essere strachiusa dopo 45 minuti, l'Arezzo la vince con il cuore in gola grazie a una mezza papera del portiere e a un autogol. Sono i paradossi del calcio in una stagione che, a giudicare dagli ultimi episodi, non sembra quella di grazia in cui gira tutto per il verso del pelo.

Con Somma in panchina, per tornare all'ultimo campionato vinto sul campo, la partita si sbloccava al primo tiro in porta e gli altri restavano quasi sempre in dieci. Quest'anno in dieci ci resta l'Arezzo e il gol al primo tiro spesso lo becca. E' un periodo così ma il periodo ormai dura da 6 giornate. Le prestazioni ci sono sempre state, il contorno meno. Espulsioni, rigori falliti, occasioni al vento, punti lasciati per strada. Girerà ma per adesso gira poco.

Tutto ciò, unitamente al fatto che la serie D da queste parti è sempre stata sgradevole come una ginocchiata sui denti, obbliga Indiani a tenere le antenne dritte e lavorare sodo per correggere le magagne di una squadra forte ma che spreme il minimo sindacale dalla mole di gioco prodotta.

Poi c'è anche il rovescio della medaglia che invita all'ottimismo. Una partita come quella di ieri con il Grosseto, da giocare in dieci nell'ultima mezz'ora e con un solo gol di vantaggio, rischi di non portarla a casa. Invece con l'uomo in meno la squadra ha concesso zero occasioni e l'ha vinta bene. Con il Livorno, sotto 0-1 dopo il rosso a Trombini, concesse mezza occasione e rimontò fino al pari. E' un segnale di forza fisica e mentale che va al di là di qualsiasi annotazione tecnica e tattica. Ok il 433 e il 442 ma se il gruppo non è saldo e non ha le risorse cui appigliarsi nei momenti più difficili, non si va lontano.

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Nonostante gli episodi di cui sopra, ripassando il film delle prime 12 giornate, non c'è stata gara in cui l'Arezzo non ha dimostrato combattività, idee, organizzazione ma soprattutto qualità superiori agli avversari. E la qualità, in tutte le categorie, alla fine paga sempre. Per qualità, oltre alla disinvoltura nel giocare la palla, si intende anche una panchina competitiva e profonda.

I campionati, in generale, si vincono prendendo pochi gol, con allenatori abituati a vincere (e Indiani lo è), dirigenti che sanno gestire i momenti (e Giovannini è uno di quelli), squadre competitive e un pubblico che, quando conta, sa spostare gli equilibri (e quello amaranto lo ha dimostrato tante volte). Sotto questi aspetti ci siamo.

Vanno sfruttate meglio le palle ferme (quasi 100 angoli battuti, solo 2 gol guadagnati) e trovata maggiore concretezza sotto porta (l'acquisto di Gucci va in questa direzione), però ieri finalmente è tornato alla rete un esterno d'attacco (Bramante) ed è arrivato un gol con un tiro da fuori di un centrocampista (Bianchi). Insomma, l'Arezzo ha qualche difetto. Ma è vivo e in salute.

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