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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Il bambino che insegnò agli etruschi l’arte della divinazione

Una figura mitologica legata alla cultura del popolo che edificò alcune città-stato tra cui Arezzo

Tagete (o Tages) è una figura mitologica, una divinità etrusca, cara a quel popolo da cui discendono gli aretini dato che proprio Arezzo fu una delle città-stato edificate dal popolo che visse tra la parte settentrionale del Lazio, l’Umbria e la Toscana tra il IX e il I secolo a.C.

La sua storia è narrata da Cicerone nel ‘De divinatione’ ma anche da altri poeti come ad esempio Ovidio. Secondo il mito un giorno un contadino mentre arava un appezzamento di terra vide una zolla sollevarsi dal solco e assumere le sembianze di un fanciullo. Lo chiamò Tagete. Il fanciullo dimostrò subito di avere grande saggezza e virtù profetiche. La sua vita durò solo il tempo necessario per insegnare agli Etruschi, accorsi sul luogo dove era nato, l'arte di predire il futuro, scomparendo poche ore dopo la sua miracolosa apparizione. Le norme da lui dettate furono trascritte e raggruppate su tre serie di libri sacri (gli Aruspicini, i Fulgurali e i Rituali). 
Questi testi costituirono i punti essenziali della religione etrusca: l'importanza della divinazione che permetteva di interpretare la volontà degli dei e la necessità di istituire un preciso rituale per ogni circostanza della vita sia pubblica che privata. A ciò erano preposti i sacerdoti, una casta privilegiata che si trasmetteva la carica di padre in figlio, ed erano divisi in due categorie: Aruspici ed Auguri.

Tagete viene rappresentato come un fanciullo, in alcuni casi con i capelli bianchi, per dimostrare la sua saggezza. L’etimologia del suo nome tra l’altro potrebbe trovare fondamento nella radice etrusca thac- / thax, che assume il valore di ‘voce’.

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