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 “C'è un tempo per nascere e un tempo per morire” lettera di Luigi Capecchi sul carcere di Arezzo

L'attività dei volontari va avanti da molti anni, nonostante anche le interruzioni dei contributi pubblici e forse grazie a questo lavoro minuzioso che il carcere di Arezzo è stato immune dalle proteste di questi giorni in seguito alle interruzioni dei colloqui con i familiari

Luigi Capecchi, volontario dell'associazione "Oltre il Muro" che da anni opera anche all'interno del carcere di San Benedetto ha scritto una lettera aperta, uno spunto di riflessione profondo sulla condizione del carcere aretino anche ai tempi del coronavirus, ma non solo. Di seguito il testo intergrale.

C’è stato un tempo in cui anche le persone detenute presso la Casa Circondariale di Arezzo, per quanto “al di là” di un muro, partecipavano della vita culturale della città. Infatti, usufruendo di un piccolo sostegno della Regione e con l’appoggio delle amministrazioni comunali di allora, per molti anni il Teatro Popolare d’Arte di Gianfranco Pedullà (con i detenuti, alcuni attori della sua compagnia e la collaborazione di alcuni volontari) ha lavorato all’interno del S. Benedetto, producendo ogni anno spettacoli che coinvolgevano in serate successive varie centinaia di nostri concittadini. Studenti, insegnanti, operatori sociali, semplici cittadini hanno potuto partecipare ad esperienze altamente educative e formative dal punto di vista sociale, civile e culturale.

C’è stato poi il tempo dei progetti di adeguamento e ristrutturazione del carcere, e la successiva interruzione dei lavori a causa del fallimento della ditta incaricata. Di conseguenza la popolazione carceraria ospite ad Arezzo si è assai ridimensionata, e adesso è costituita per la maggior parte da persone spesso solo “in transito” da un carcere all’altro, da una città all’altra.

Venuti meno il sostegno della Regione e l’appoggio dell’amministrazione comunale, non per questo sono cessate le attività che i volontari hanno continuato a svolgere all’interno della Casa Circondariale: assistenza per urgenti bisogni materiali; alfabetizzazione scolastica; corsi di cucina; concorsi nazionali di poesia; lavori artigianali come il patchwork, che appunto cercano di ricucire “pezzi” di vita delle persone, oltre che delle “pezze” di stoffa; e poi corsi di fotografia, ancora laboratori teatrali di lettura/scrittura, eccetera.

Attività che i volontari dell’O.D.V. “Oltre il Muro” hanno contribuito negli anni  ad adeguare alla mutata situazione, cercando di collaborare con il lavoro fatto dal personale dell’amministrazione carceraria, senza interrompere quel filo di umanità e solidarietà che sempre deve accompagnarsi alla giustizia. Professionalità e volontariato insieme: anche a questi elementi penso si debba il fatto che al S. Benedetto non siano accaduti clamorosi episodi di protesta o rivolte da parte dei detenuti come invece abbiamo visto in altre città.

Su qualche giornale nei giorni scorsi sono apparse notizie (a quanto pare non vere) circa una imminente chiusura della nostra Casa Circondariale. Nulla si diceva e si dice però su quanto quotidianamente vien fatto per non appesantire ancora di più la situazione dei detenuti che ci vivono, ora che a causa dell’”emergenza virus” sono sospesi i colloqui con le famiglie e interrotte le nostre attività di volontariato. Tra i tanti problemi che riguardano la nostra città, l’amministrazione comunale (quella in scadenza, ma anche l’altra che dovrà subentrare) ha dei progetti riguardo al S. Benedetto? E il nuovo Garante dei detenuti da parte sua ha qualche idea in proposito?

Ad orizzonte più largo, oltre l’attuale emergenza, mi rendo conto che le stesse domande (quali progetti? quali idee?) andrebbero rivolte ai responsabili della politica regionale e nazionale. Ma anche a quei livelli nulla (o poco) di chiaro si dice, o si scrive. Così almeno a me pare.

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